Lo sguardo di Laura sul “metodo”

La Ferrari fotografa la performance di Marina Abramovic

Per tre settimane ha vissuto a strettissimo contatto con il “metodo” di Marina Abramovic, la grande artista serba che nei giorni scorsi ha guidato gli spettatori del Pac di Milano nella sua nuova performance fatta di silenzio e meditazione. A documentare questa esperienza ai confini dell’arte ha provveduto l’«occhio» eccellente di Laura Ferrari, la fotografa lodigiana che da tempo mette la sua sensibilità artistica al servizio di prestigiosi teatri italiani, tra i quali la Scala di Milano e il San Carlo di Napoli. Il lavoro fotografico su The Abramovic Method sfocerà poi in un catalogo in uscita a fine mese per i tipi del Sole 24 Ore Cultura. «Serviva una documentazione approfondita su tutto il progetto, dall’allestimento della mostra fio alla performance vera e propria» racconta Laura Ferrari che nel corso del “viaggio” ha avuto modo di conoscere da vicino Marina Abramovic, che è oggi universalmente riconosciuta come una delle più quotate artiste a livello internazionale. «È una persona che nel contatto diretto è in grado di far dimenticare il suo nome, non lo fa pesare in alcuna maniera. Anche nella vita quotidiana riesce a entrare in comunicazione con la gente con cui lavora, senza filtri. Sono rimasta davvero colpita dal rapporto che ha instaurato anche con me, sia professionalmente che umanamente». Per quattro giorni la Abramovic ha condotto il pubblico all’interno delle sue installazioni «per imparare a osservare nel silenzio i dettagli delle cose». «L’aspetto più interessante del progetto è stato senza dubbio il coinvogimento diretto degli spettatori, guidati dalla stessa Abramovic nella struttura ideata per la performance - continua Laura Ferrari -. È stata davvero un’esperienza intensa». Si tratta quasi di un’avventura osmotica (le performance proseguiranno fino al 10 giugno al Pac di Milano condotte da alcune assistenti di Marina Abramovic): un flusso energetico avvolge, disorienta e pervade i partecipanti, immersi tra installazioni di legno, con minerali, cristalli e magneti. «Ho capito che il pubblico ha bisogno di un’esperienza diretta dell’arte e non soltanto voyeuristica», aveva spiegato l’artista. E proprio la reazione della gente ha catturato l’attenzione degli scatti di Laura Ferrari: «Il mio lavoro si è svolto a 360 gradi: non solo ho documentato rigorosamente gli spazi del Pac e la zona dove si svolge la performance, ma anche la parte della balconata dove gli spetattori osservano lo svolgersi del “metodo”». Non è la prima volta che la fotografa lodigiana ha a che fare con la performing art: in passato aveva lavorato per un progetto artistico al Museo Madre di Napoli. «Ma l’esperienza con Marina Abramovic è stata completamente diversa. Continuerò il mio lavoro fino a giugno per documentare le reazioni del pubblico».

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