L’impegno di padre Granata per la Resistenza e per i più poveri

Il padre barnabita morto 40 anni fa fu in prima fila nella lotta per la Liberazione

Figura esemplare di educatore e di formatore della coscienza civica dei cattolici lodigiani, il barnabita padre Giulio Granata va ricordato in particolare in questi giorni non solo perché nel 2021 ricorrono i quarant’anni dalla sua morte, avvenuta il 15 marzo 1971, ma anche nell’ambito della ricorrenza della Liberazione dalla dittatura nazifascista.

Dall’impegno profuso dal 1930 nell’opera educativa presso il collegio San Francesco, e come animatore del circolo Pallavicino, emerge a partire dall’agosto 1943 il suo ruolo di protagonista nella lotta al nazifascismo: in quel momento cruciale l’approdo all’impegno politico dei laici cattolici fu pilotato da padre Granata insieme a don Venanzio Felisi, parroco di San Lorenzo. Granata offrì la sede del collegio per le riunioni in cui si costituì il partito della Democrazia Cristiana; vi partecipavano cattolici di esperienza come Giuseppe Arcaini e Giulio Marazzina, che veniva dall’esperienza del Partito Popolare di don Sturzo, era stato a metà degli anni ‘20 direttore del “Cittadino”, e sarà poi deputato nella prima legislatura repubblicana; accanto a loro, giovani come Age Bassi. La sala del circolo Pallavicino fu messa a disposizione più volte per la sosta notturna delle folte comitive di prigionieri alleati, che venivano aiutati a passare in Svizzera. Nell’ottobre ’43, quando a Lodi si costituì il Comitato di Liberazione Nazionale, padre Granata non solo offrì ospitalità, ma partecipò attivamente alle sedute, nelle quali la presenza del cattolico Giuseppe Arcaini accanto a Pietro Ferrari, comunista e al socialista Ettore Archinti significava la volontà di coalizzare le forze antifasciste di diverse ispirazioni politiche.

Ma più che l’organizzazione politica, il CLN lodigiano pose al centro il problema dell’assistenza ai poveri. Gran parte della popolazione non era più in grado di procurarsi il necessario per vivere: generi alimentari tesserati, razioni insufficienti, continui aumenti di prezzo avevano stremato i più poveri, ai quali si aggiungevano gli sbandati, i renitenti, gli sfollati, le famiglie degli arrestati, dei dispersi, degli uccisi. Dell’attività assistenziale, che vedeva concordi tutte le forze politiche, Giulio Granata assunse il coordinamento. Prese poi le distanze da progetti di azioni più concrete contro i nazifascisti: una lettera in cui esprimeva il suo invito a «calmare gli spiriti troppo ardenti» distogliendoli da «qualche atto inconsulto e arbitrario» fu trovata durante le perquisizioni nello studio di Ettore Archinti il giorno del suo arresto. A padre Granata non restava che la fuga per sottrarsi all’arresto. Rientrato a Lodi nel ’45, riprese la sua opera di apostolo della carità, non perdendo mai di vista il progetto di formare i giovani a valori civili ispirati ai principi cristiani.

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