LIBRO Da Milano agli Usa, Giorgio Mobili racconta in versi “il prima e il dopo” della sua vita

Lo scrittore di Melegnano pubblica “Missori/Missouri”

La geografia immaginaria e l’emotività surrealista di Giorgio Mobili, critico letterario e poeta di Melegnano residente da anni negli Stati Uniti, si arricchiscono di un nuovo testo:”Missori/Missouri”, uscito per le edizioni Fili d’Aquilone nella collana “I nodi”. Incamminatosi sulla strada della poesia pura, senza (per ora) incursioni e tentazioni nel campo della narrativa, Mobili ha pubblicato cinque raccolte in italiano, una in spagnolo e una in inglese, “Sunken Boulevard”, due anni fa. Dal 2019 è cittadino degli Stati Uniti e questo snodo biografico si riflette nel senso stesso dell’ultima uscita. “Missori/Missouri” fotografa una specie di “mezzo del cammin di nostra vita” dell’autore. Mobili col 2023 tocca un percorso umano diviso in due decenni e mezzo esatti per parte. I primi nella zona di Milano, i secondi in Usa cominciando appunto dal Missouri per poi passare a Fresno in California, presso la cui università è docente. La fermata “gialla” della metropolitana Missori Mm3 di Milano, si intuisce, è stata crocevia di anni giovanili di studi ed è il polo di un dna italiano evocato nella seconda parte del libro. Missouri, la prima sezione, è invece il terminal aereo dove il nostro, laurea in tasca, sbarcò per reiventare se stesso alla luce di una nuova lingua e di un futuro da prof, ma negli Usa. “Ho spesso immaginato che questa seconda fase della mia esistenza, quella americana, sia stata nel bene e nel male il frutto di un semplice errore ortografico nel software di un treno metropolitano”, si legge nelle note esplicative al testo. Sbaglierebbe però chi pensasse di trovarsi di fronte a una collezione di belle emozioni, raccontata attraverso la lacrima dell’emigrato per la parte italiana, e la critica sociale di chi si meraviglia del “mondo nuovo” quando si passa alle stelle e strisce. O meglio: questi riferimenti in una certa misura si trovano, ma filtrati attraverso un clichè antiemotivo. Mobili orbita saldamente nella lirica post-realista e post descrittiva, per cui leggerlo significa tenere in conto alcune modalità non figurative: il soggetto “che non ricorda più se stesso” e quindi si destruttura in una pluralità di voci; il dialogo fitto, quasi urgente, fra l’io e altre figure interlocutrici non chiaramente identificate come “tu”, “lei” o “noi”; i paesaggi, o meglio le ambientazioni, che ricordano una filosofia kantiana che funziona male, in cui le immagini quando ci sono non sanno collocarsi nelle categorie, oppure le categorie non riescono a riempirsi di dati sensibili precisi. Ne sortisce un punto d’incontro fra il malinconico, l’ironico e l’assurdo: “alzammo il finestrino a ridisegnare l’orizzonte/ tesissimo da Montenotte/ai corridoi di Sonoma/(...) noi si filava via/ benchè a velocità inferiore/ al desiderio iniziale, dura gomma/ con un forellino già in dotazione...”(La conquista del West).n

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