Le vicende di Shiva e Vishnu in piazza

L’India interroga gli attori d’Occidente

Teatro danza indiano, ma non solo. Mary John, la danzatrice in arrivo dal Kerala, presenterà il suo spettacolo insieme all’Ensemble Lodi guidato da Francesco Suardi. “About India” si svolgerà questa sera, alle 21, in piazza San Lorenzo, all’interno della rassegna “Lodi al Sole”. Se l’attrice indiana era già venuta altre volte nel Lodigiano a proporre i suoi lavori, anche in compagnia delle figlie Ruby, Rya e del marito John Kalamandalam, uno dei più grandi danzatori di Kathakali dell’India, questa volta la sua danza riceverà un senso nuovo dalla contaminazione con il teatro occidentale. Ad aprire e chiudere lo spettacolo saranno frammenti d’Occidente. Se la scena di drammaturgia occidentale servirà a introdurre la danza indiana, lo spettacolo terminerà con una canzone italiana degli anni ‘40 che viene tradotta in gesti di Mohiniattam, la danza nella quale Mary John vanta una grande esperienza. «Abbiamo studiato la coreografia con l’attrice - spiega il regista Suardi -. Spiegheremo bene il significato della danza. Ha un aspetto estetico molto forte, ma vogliamo che mantenga una sua razionalità. La gente deve portarsi via il senso di questo. Se no è come andare a mangiare in un ristorante siriano e guardare la ballerina che intrattiene gli avventori. È finito il periodo dell’esoterismo. Inizia quello in cui bisogna dare un po’ di scienza. Ho imparato molto da Renzo Vescovi, ex regista del Tascabile: il tentativo già allora era di far passare nell’animo dell’attore occidentale il senso del teatro indiano». La prima storia (Attam) della danzatrice racconta di Shiva e della sua capacità di mascherare il tradimento della consorte Parvati con la dea Ganga. La seconda, invece, narra della devozione del figlio di un re per il Dio Vishnu, così forte, tanto da suscitare la gelosia del padre dello stesso re. «In questo caso - spiega Suardi - si crea addirittura un parallelismo con un passo della Bibbia. Viene richiesto al devoto, infatti, di uccidere il figlio come prova dell’amore nei confronti del Dio. Anche qui come nella Bibbia, però, la mano di Dio ferma il padre che sta per commettere l’omicidio. Questo spettacolo - precisa Suardi - è un progetto che stiamo portando avanti dal 2009 e che riguarda non tanto la rappresentazione perfetta della danza indiana, quanto il senso della relazione tra Oriente e Occidente. Si tratta di studiare che cosa significa avere un rapporto con l’India. È un po’ quello che diceva Eugenio Barba quando è andato in India la prima volta nel 1964. Il nostro lavoro s’inserisce nella storia contemporanea: prendiamo atto di quanto fatto dal Teatro Tascabile e dall’Odin Teatret e proseguiamo. Manteniamo un cuore di danza indiana, presentando due Attam, storie recitate e danzate. Vogliamo, infatti che si capisca qual è il livello raggiunto da quel tipo di danza formalizzato. Per il resto, sono un po’ scoraggiato dall’abuso che si fa del termine teatro danza. Ormai quelli che non usano seriamente la drammaturgia finiscono per ritenersi autori di teatro danza: l’astrattismo copre aree di incompetenza. Un conto è il teatro danza ai livelli di Pina Baush che parte dalla grande esperienza tecnica dei danzatori classici: inserisce il teatro nella danza. Ho fatto in 10 anni di esperienza nel Teatro tascabile uno studio approfondito delle tecniche del kathakali. Ho capito che il kathakali arricchisce l’attore occidentale, solo se l’attore è in grado di capire la grande capacità improvvisativa del kathakali. Se gli occidentali si limitano a ripetere delle partiture diventano delle macchinette. Noi vogliamo affrontare di volta in volta il rapporto tra drammaturgia occidentale e indiana e metterlo in scena».

© RIPRODUZIONE RISERVATA