Le ragazze del mondo “perfetto” di Avati

La campagna italiana, ammantata di nostalgia anche in una fase storica complessa e controversa, gli anni Trenta, i contadini con lo schioppo e i ragazzi che si inseguono, si corteggiano e si perdono in un universo che appare lontano lontano. Potrebbe essere l’amore ai tempi del fascio, è invece Il cuore grande delle ragazze, il nuovo film con cui Pupi Avati getta una volta di più uno sguardo all’indietro, a quell’epoca che ha già raccontato tante volte, sempre scegliendo un’angolazione differente. Se comuni appaiono ambientazioni, cifra stilistica, toni e spesso anche volti e interpreti, a cambiare da un film all’altro sono i soggetti umani, i personaggi che fanno le storie e che

restano da sempre l’anello forte delle opere del regista bolognese. Romantici e impacciati come nelle “gite scolastiche” oppure sbruffoni e tristemente comici come gli avventori da “bar Margherita”: la galleria pressoché infinita di “tipi” ora si arricchisce con l’inaffidabile Carlino Vigetti, improbabile latin lover dei colli, contadinotto ignorante almeno quanto è belloccio, che accetta di andare in sposo a una ragazza ricca e racchia, una delle due sorelle Osti figlie del proprietario delle terre, dietro la promessa di una Moto Guzzi e con l’obiettivo di risollevare il bilancio della famiglia. Ovviamente il matrimonio salterà per aria quando il buon Carlino incontrerà la terza sorella adottiva, quella bella e “straniera” (arriva da Roma) che nulla ha a che vedere con le due tristemente corteggiate fino a quel punto. È un universo carico di nostalgia quello che racconta Avati, un mondo che riempie l’inquadratura uscendo direttamente dalla memoria del regista. Un filo di ricordi unisce le scene e le storie che si mischiano poi con la realtà e con la leggenda dei luoghi, da sempre sua principale fonte di ispirazione. La figlia da maritare, i colori della campagna, i contadini così come stavano nelle foto sopra la credenza e che, sicuramente sono esistiti proprio come Avati li ricorda, come la tradizione orale di questi posti li tramanda. Un universo maschile che in questo film non ha però la tenerezza e la dolcezza degli esordi, ma che con il tempo si è piuttosto

incattivito, come il cinema del regista che oggi “perdona” meno e preferisce mettere a nudo ipocrisie e debolezze, senza mediarle con l’incanto del tempo che fu. Ecco se un elemento di novità si può trovare ne Il cuore grande delle ragazze, nella storia di Carlino e di Francesca (i “nuovi” Cesare Cremonini e Micaela Ramazzotti), dei capifamiglia Sisto e Adolfo (i volti-icona Gianni Cavina e Andrea Roncato), è proprio questa vena amara, questo sentimento che in qualche maniera attraversa tutta la vicenda.
Avati ci mette la memoria e la fantasia, lega i ricordi veri e le leggende di paese, ci mette il suo inconfondibile tocco e, soprattutto, la consueta abilità nel dirigere gli attori e costruire i personaggi. Quello che ne esce è quindi proprio il film che ti aspetti, che non ti può sorprendere ma che ti immerge in un cinema coerente con le proprie idee, ben scritto e altrettanto ben costruito. Ambientato in quello che per Avati, evidentemente, è un mondo “perfetto”, pur con tutti i suoi difetti, un luogo dell’anima che il regista continua a rimpiangere e, ostinatamente, a riportare a galla per mantenerlo in vita.

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Il cuore grande delle ragazze

regia Pupi Avati, con C. Cremonini, M. Ramazzotti, G. Cavina

PRIMA VISIONE - La campagna italiana, ammantata di nostalgia anche in una fase storica complessa e controversa, gli anni Trenta, i contadini con lo schioppo e i ragazzi che si inseguono, si corteggiano e si perdono...

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