Le Pantere Nere e il tradimento: la rivoluzione black punta all’Oscar

“Judas and the black Messiah” candidato a 6 statuette

«Puoi uccidere un rivoluzionario, ma non la rivoluzione»: la frase è di Fred Hampton, una di quelle pronunciate dal carismatico leader delle Pantere Nere dell’Illinois, ucciso giovanissimo nel 1969 dopo un’irruzione della polizia nella casa in cui si rifugiava. Ma questo non è un film su di lui: il «Messia nero» - come da citazione di J. Edgard Hoover che lo considerava una minaccia «peggiore dei cinesi e dei russi» - viene raccontato da Shaka King in “Judas and the black Messiah” di riflesso a William O’Neal, il Giuda del titolo, l’uomo che lo tradì.

Non è quindi una biografia il film che si presenta da favorito agli Oscar con 6 nomination, non lo è nei fatti e non lo è nel genere che sposa invece l’azione e tiene alta la tensione come in “The Departed” mentre racconta il tradimento di O’Neal, ladro di auto finito al soldo dell’FBI.

Parlava in maniera illuminata Fred Hampton e il film segue il filo dei suoi discorsi e il tentativo di coalizzare i movimenti di opposizione americani, non solo quelli dei neri, nella Rainbow coalition: «Ovunque ci sia il popolo c’è potere». Shaka King e Ryan Coogler (il regista di “Black Panther”, primo supereroe nero, qui in veste di produttore) scelgono però un’altra angolazione, puntando sul confronto con l’uomo che - tradendo - ne segnerà il destino. Gli ideali e i 30 denari, e il lavoro sporco dei federali. Il film cresce in maniera esponenziale quando abbandona la ricostruzione iniziale (un po’ faticosa in verità) e sposta l’attenzione sul confronto tra Hampton e O’Neal, interpretati da Daniel Kaluuya e Lakeith Stanfield che anche l’Academy ha dovuto candidare insieme, scegliendo però “curiosamente” (eufemismo) per entrambi la categoria di “attore non protagonista”, come se questo film un protagonista non ce lo avesse.

«Il distintivo spaventa più di una pistola. Di un esercito intero»: nell’America del Black Lives Matter e del processo per l’assassinio di George Floyd “Judas and the black Messiah” si presenta attuale e necessario, anche se nello svolgimento è piuttosto convenzionale, nonostante il ritmo impresso al racconto. Alle candidature per gli attori si aggiungono quella a miglior film, sceneggiatura originale, fotografia (meritata) e canzone.

La storia vera di Hampton e O’Neal, del Messia nero e del suo Giuda, entra nel film anche attraverso schegge del documentario “Eyes on the Prize 2” che raccoglieva l’unica intervista girata in video da O’Neal. E che sui titoli di coda svela le parole del traditore e il destino dei due legato a doppio filo. Il leader delle Pantere Nere fu ucciso il 4 dicembre del 1969 dopo un’irruzione della polizia; l’altro morì il 15 gennaio del 1990, nello stesso giorno in cui veniva diffuso il documentario con quell’unica intervista in cui ammetteva il tradimento. Argomentava il suo impegno, rivendicava una posizione, controversa, nella lotta politica di quegli anni. La stessa sera O’Neal fu investito da un’auto, le indagini stabilirono che si trattò di un suicidio...n

Judas and the black Messiah

Regia Shaka King

con Daniel Kaluuya e Lakeith Stanfield

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