Le bugie di Wall Street, tra show e finanza

«Qui non facciamo giornalismo. Punto». Spettacolo, intrattenimento, gioco… chiamatelo come volete.. Ma non giornalismo. Anche se da giornalista è truccato Lee Gates (George Clooney) quando va in onda con il suo programma “Money Monster” e quando elargisce consigli finanziari e dritte agli investitori, tra un ballo, un rap, una scenetta, un grafico con l’andamento delle Borse e una battuta sempre pronta e divertente. «Si fa show» dice la produttrice Patty Fenn (Julia Roberts) mentre guida il gioco da dietro le telecamere, e non è la stessa cosa che fanno a Wall Street mandando su e giù i mercati con un colpo di tosse? (questo non lo dice apertamente ma è la domanda “suggerita” allo spettatore che dovrebbe tenere in piedi il suo programma di successo sul network tv e anche tutto quanto il film che vediamo in sala).

Parte forte e bene Money Monster (sottotitolo italiano – superfluo – L’altra faccia del denaro) mettendo nel mirino l’informazione-spettacolo che senza assumersi nessun tipo di responsabilità, entra nel gioco della finanza condizionando le scelte degli investitori e determinando, in parte, successi e crolli di titoli sulle piazze, fortune o disgrazie di chi mette i soldi inseguendo un sogno (americano) fatto di poco o nulla. Quarto film diretto da Jodie Foster, che in carriera è stata attrice da premio Oscar, produttrice di serie tv di successo, regista di un paio di esse, e che ora torna dietro la macchina da presa con un thriller ambientato nel mondo della finanza e dell’informazione che trova parecchi contatti con l’attualità.

In poco più di un’ora e mezza girata praticamente in tempo reale racconta il “pomeriggio di un giorno da cani” di Lee Gates, conduttore di un talk show sulla finanza che viene sequestrato durante una diretta da un investitore tradito dai suoi consigli che si presenta con una bomba in studio minacciando di far saltare tutto se non avrà modo di parlare con i responsabili del crollo del titolo che lo ha mandato sul lastrico.

Ma Gates «non ha la minima idea di dove stiano davvero i soldi», in effetti lo ha sempre detto mentre faceva spettacolo, vestito da pugile o da ballerino, e solo truccato da giornalista… Il problema è chi non lo ha capito, chi non ha ascoltato davvero o chi lo ha fatto e può averlo ritenuto credibile e chi può averci guadagnato in tutto questo tempo…

Senza il cinismo e la cattiveria di Wolf of Wall Street, o il crudele tecnicismo de La grande scommessa il film di Jodie Foster abbandona troppo presto la strada iniziale che pareva quella giusta: «Chi è il vero criminale? Quello con la pistola o quello con il microfono». Certo non una questione nuova ma Money Monster muove bene i primi passi mostrando tutta la fragilità di un meccanismo tenuto in piedi da imbonitori che diventano a tutti gli effetti “parte” di un sistema che ha fondamenta gettate in fragilissima sabbia. Con un montaggio azzeccatissimo e una scrittura agile e spesso divertente mette a nudo le contraddizioni, utilizzando anche un linguaggio semplice che vuol spiegare ed essere comprensibile a chiunque. Quando poi la vicenda svolta si sente però la mancanza di una sceneggiatura più solida, di uno storyboard in grado di tenere insieme personaggi, storie e situazioni, una volta che il panorama è cambiato e che alcuni ruoli sono stati ribaltati. Non diventa prevedibile, questo no, anzi mantiene una certa originalità che spiazza lo spettatore, ma perde l’ironia iniziale che era sembrata segno distintivo per alcuni caratteri. Perde la profonda amarezza che pareva trasparire dietro a ogni dialogo e, di conseguenza, perde anche quella carica eversiva per mettere alla berlina i “lupi di Wall Street” e minacciare il loro grattacielo fatto con le carte da gioco. Quando tutto rientra nei ranghi e buoni e cattivi riprendono più meno ordinatamente il loro posto…

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