“Latin lover”, un omaggio al grande cinema italiano

La magia del cinema è come un soffio di vento leggero. Come aria che muove le fronde di un albero e riesce a trasformare in fiocchi di neve i petali che cadono. Finti, ma bellissimi. Finte come le maschere indossate nella sua carriera da Saverio Crispo, grande attore del cinema italiano che ha seminato il mondo di sogni e di figli che ora, a dieci anni dalla sua morte, si ritrovano (i figli e le mogli, con i sogni) per celebrarlo ancora una volta. E tanto leggero era stato lui in vita, così travagliato è il ricordo di questa comunità allargata, riunita nel casolare di famiglia, per ricomporre ognuno con un proprio pezzo il puzzle della vita. La figlia avuta con l’attrice italiana, quella fatta con la costumista francese, e poi la spagnola e la più giovane, la svedese. Ci sono anche due delle mogli (Virna Lisi, alla sua ultima apparizione, a cui la pellicola è dedicata nei titoli di coda) e Marisa Paredes, matriarche di un micro universo che ancora e sempre più “spera che sia femmina”. Ancora a litigarsi, a tanti anni di distanza, un briciolo di attenzione in più, una carezza immaginaria da parte del padre che, forse si capisce, proprio da quello fuggiva…2PPx0EWk1Kk

E’ un omaggio delicato e personale al cinema quello che fa Cristina Comencini con questo suo nuovo film, il racconto di una riunione di famiglia che segue uno schema classico e un impianto teatrale e che piano si trasforma in un viaggio nelle pellicole e tra le storie e i personaggi che hanno fatto grande la nostra produzione dell’epoca d’oro. Una commedia corale e femminile che sfrutta il grande affiatamento tra gli interpreti per riportare alla memoria altri visi, altre storie. Impossibile non ritrovare Vittorio Gassmann nello sguardo di Saverio (Francesco Scianna) mentre (ripreso in lunghi flashback) rifà Il sorpasso o quando indossa parrucca e baffi e guida una nuova Armata Brancaleone. O Mastroianni, sedotto dalla Loren, o ancora Volontè operaio o un Giuliano Gemma cowboy. Si sorride alle disavventure di questa comunità irrisolta, guardata con affetto e con la stessa nostalgia con cui la regista guarda a quel cinema con cui è cresciuta: il suo è un omaggio commosso - e non avaro di rimpianti - fatto da figlia (e sorella) d’arte, mentre racconta di quattro sorelle (due delle quali attrici) e di un padre famoso e amato dal pubblico, in un film che lei stessa ha sceneggiato con la figlia Giulia Calenda: intrecci e fili che si riannodano, tra citazioni esplicite e appena sussurrate, mentre lo sguardo dello spettatore è già volato oltre la storia di Saverio Crispo, portato lontano proprio da quel vento leggero. A danzare sull’aria di una vecchia canzone o a giocare, di nuovo bambino, proprio sotto la fronda dello stesso albero che basta agitare per inventare la neve.

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