“La truffa” dei signori della finanza

«Gli eventi del mondo ruotano attorno a cinque cose, cinque semplici lettere: S O L D I» scandisce Robert Miller: il pianeta nella sua idea si regge su questa regoletta da primo anno di economia che non perde d’attualità. Lui tycoon dell’alta finanza arrivato all’età della pensione carico di milioni e di ammiratori dimentica le altre due “s” che comandano sulle prime pagine dei giornali, ma ha i titoli per dare lezioni in materia, visto il successo che lo ha sempre accompagnato.

L’ex gigolo d’America Richard Gere è il finanziere Miller ne La frode, sessantenne con moglie dedita alla beneficenza e amante giovane, che ha saputo trasformare in oro ogni cosa toccata, persino i propri fantasmi. Ma è arrivato anche per lui il momento di cambiare, di vendere per realizzare la fortuna di una vita, per non trasformarsi «nel più ricco del cimitero». «Non esiste solo il lavoro» abbozza alla figlia spiegando la propria decisione, ma si vede che entrambi non ci credono nemmeno per un secondo. In realtà la loro società è con l’acqua alla gola per effetto di una speculazione andata male e la cessione è l’unica maniera per il finanziere per uscirne senza finire in galera.

L’America non fa mai sconti quando al cinema decide di parlare di se stessa e dei propri incubi: così prova a raccontarsi anche al tempo della crisi e dei Madoff passati alla storia per aver mandato sul lastrico migliaia di risparmiatori. Bolle speculative che esplodono, società di revisione disoneste e bilanci truccati, un universo che ha confuso Dio con il denaro, e viceversa, e dove la ricchezza è stata messa davanti a tutto: agli affetti, alla legge, alla verità. Si mente per il denaro, si tradisce e si uccide. E anche il poliziotto che indaga deve giocare sporco e truccare le carte per portare a casa una mano e far vincere la legge.

Nicholas Jarecki con La frode dirige un thriller ambientato nel mondo della finanza, in quel coacervo di “affari sporchi” in cui si è trasformato il lavoro di questi giganti che producono denaro senza produrre in realtà nient’altro. E Robert Miller è il simbolo di questo mondo malato, raccontato nella pellicola con un crescendo di avvenimenti abbastanza convenzionale, che è comunque in grado di appassionare. A una prima parte che per lunghi tratti non si distingue per scelte particolarmente originali si contrappone la seconda in cui il regista decide di regalare qualche sfumatura in più ai suoi personaggi: a partire dal detective “cattivo” che agisce innanzitutto per un sentimento di rivalsa. Così la battaglia in questo mondo corrotto non è più per ristabilire la giustizia ma diventa una guerra del povero contro il ricco, che si combattono con astio per conservare o ribaltare le posizioni a proprio vantaggio. Lealtà e verità si sovrappongono e cambiano di posizione, solo di rado e all’improvviso fanno capolino i primi conflitti di coscienza. Il concetto è che non si potrà arrivare a una giustizia “giusta”, più concretamente si potrà ristabilirne una fondata sul ricatto e sulla menzogna: in un finale ambiguo e finalmente cattivo sarà il falso a tenere in piedi transazioni finanziarie, famiglie e persino fondazioni benefiche. Abbracci falsi, sorrisi falsi, parole che ne nascondono altre. Questo è il mondo che il denaro ci ha permesso di costruire.

PRIMA VISIONE - «Gli eventi del mondo ruotano attorno a cinque cose, cinque semplici lettere: S O L D I» scandisce Robert Miller: il pianeta nella sua idea si regge su questa regoletta da primo anno di economia...

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