La spiritualità laica di Elio Ciol in esposizione al Museo Diocesano di Milano

LA MOSTRA La recensione di Fabio Francione

Milano

Nell’osservare le foto di Elio Ciol e poi scorrere nel catalogo, edito da Dario Cimorelli, le stesse guardate nella mostra Sguardi e silenzi, oggi al Museo Diocesano di Milano, curata da Stefano Ciol e visitabile fino al 16 febbraio prossimo, ci si rende conto come la proverbiale taciturnità dei friulani gli sia connaturata. Tanto che non può venire a mente l’autorevolezza di un altro friulano, Dino Zoff, portiere mundial, capace di tenere botta in qualsiasi situazione. Un paragone forse azzardato, ma che rende l’idea di come la forza che le foto sprigionano siano il risultato di tale attitudine caratteriale, tanto da far fuoriuscire dalla cornice in cui l’inquadratura li ha costretti paesaggi, monumenti, persone e personaggi.

Ciò sicuramente è dovuto anche alla grande spiritualità che ammanta tutte le immagini, tanto da scomodare una sorta di francescanesimo laico e selezionate per l’occasione in una divisione in più capitoli che testimoniano: da un lato la capacità del fotografo di imprimere una sorta di vicinanza verso chi sembra soffrire una condizione di povertà e disagio (magnifiche nella loro apparente crudezza e in realtà delicata comprensione le foto dedicate ai bambini), dall’altro invece si evidenzia come sia importante per Ciol, ora più che novantenne, l’amicizia.

E la si vede, pienamente affermata, nel ritratto e nelle foto di Pasolini ad Assisi, friulano, per giunta di Casarsa, come lui incontrato nella città di San Francesco in occasione del Premio Pro Civitate assegnato al suo film Il Vangelo secondo Matteo. Nondimeno nella sequenza in cui è ripreso in azione altro spirito affine: il pittore William Condgon. Infine, sia permesso a chi scrive un ricordo personale accaduto, qualche anno fa, proprio a Casarsa davanti alla casa del poeta de Le ceneri di Gramsci. Si era a Pordenone per la retrospettiva dei film della Cavani, quando la regista, amicissima di Pasolini, chiese di andare a visitare la sua tomba al cimitero di Casarsa e poi di visitare la casa-museo. Lì, nel bar antistante la casa era seduto proprio Ciol che della Cavani fu fotografo di scena del suo primo Francesco. Erano passati più di cinquant’anni da allora.

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