La Scala incorona Nucci: pioggia di bis per “Rigoletto”

L’ultimo tabù infranto. Anche un loggione “radical chic” come quello della Scala di Milano, dove ogni eccesso è difetto, ha dovuto capitolare di fronte al fiume in piena di autorità, carisma, smalto vocale e scenico che un eterno ragazzo di nome Leo Nucci ha saputo provocare. Una pioggia di richieste di bis. L’ultima volta era stata nel 1986. È stata un’ovazione senza precedenti, mercoledì 13 gennaio, la prima di “Rigoletto”, in scena fino al 26. Nei panni del gobbo buffone dalla maschera di cinico giullare e dall’anima graffiata di padre ferito, il grande baritono lodigiano era alla sua recita numero 515, solo per attenerci a quelle ufficiali. Nessuno come lui conosce nell’intimo questo personaggio che Verdi ruba alla penna di Victor Hugo e che colloca nella Mantova rinascimentale, alla corte dei Gonzaga: una complicità lunga oltre mezzo secolo che oggi, a 73 anni, sembra aver aggiunto la condizione ideale per esplorarne ogni corda umana e drammaturgica, in una fusione ormai totale. Impossibile dunque limitarsi ad applaudire. Qui occorreva alzarsi in piedi, chiedere al termine del secondo atto di riascoltare l’ormai proverbiale «Sì, vendetta, tremenda vendetta!» - l’invettiva che Rigoletto lancia ai cortigiani e al mondo - gridare un entusiasmo che va oltre il gradimento e che diventa completo abbandono al vortice del micidiale marchingegno verdiano. Insieme a Nucci, in scena, successo completo anche per Vittorio Grigolo nei panni del Duca e per Nadine Sierra, al suo debutto scaligero nel ruolo di Gilda. In buca, a guidare con saggezza l’Orchestra della Scala era un applaudito Nicola Luisotti.

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