La rivolta finale di Katniss, eroina fragile

«E se muoio fate in modo che la ripresa almeno sia buona». Katniss Everdeen ha capito d’essere innanzitutto un volto sullo schermo ancora prima che una donna in carne e ossa. Conosce il suo destino di ragazza guerriera, eroina ribelle in una società tenuta sotto controllo da un dittatore che appare quasi solo su uno schermo televisivo e che da lì combatte e mantiene il controllo con il terrore. Inutile fare il riassunto delle puntate precedenti per Hunger games. Il canto della rivolta – parte I, basterà ricordare che dopo la fine dei “giochi” nella nazione di Panem si è passati alla fase finale, quella della rivolta.

Hunger games è diventato un fenomeno, forse anche oltre le aspettative coltivate all’inizio della saga. E quindi come tale ora si comporta: ecco allora che il finale si “sdoppia”, per prolungare attesa e incassi, e che dal libro conclusivo sono estratte due parti, la prima delle quali è in sala. Il tempo dell’arena è in qualche maniera terminato, ora inizia quello della ribellione, che ha ovviamente al centro Katniss, la “ghiandaia imitatrice” che dovrà prendere piena coscienza del proprio ruolo e dovrà guidare la rivoluzione dei distretti.

Non è mai stato cinema “per ragazzi”, né mai lo sarà. E in questo primo episodio del gran finale si punta ancora di più l’obiettivo sulla dicotomia tra essere e apparire, in una “società dello spettacolo” che combatte le proprie guerre su uno schermo ancora prima che nei campi di battaglia. Con le icone guerriere, attraverso i discorsi pronunciati davanti alle telecamere, con la realtà che si mischia alla rappresentazione.

«Fuori tutti vogliono baciarti, ucciderti ed essere te»: Katniss resta la perfetta figura di antieroe schiacciata dalla responsabilità del proprio ruolo, mentre il film procede verso il cuore dei romanzi di Suzanne Collins. Un’eroina fragile e mortale in un’avventura che mischia war games e mitologia, e che forma una nuova squadra di argonauti tecnologici armati innanzitutto di telecamera per combattere la loro guerra mediatica. È infatti soprattutto questo il senso della saga, la trasposizione in un futuro post apocalittico e in una società distopica di parte delle dinamiche che già sono in atto nella nostra realtà. Il controllo delle coscienze, la manipolazione attraverso le immagini: l’attenzione della scrittrice e degli sceneggiatori si concentra innanzitutto su questi elementi, che arrivati al finale diventano assolutamente dominanti.

Non tradisce l’autrice e, soprattutto, i suoi attenti spettatori questa “Parte I” del Canto della rivolta. Coerente con i romanzi e soprattutto con quanto mostrato sin qui sul grande schermo. Merito di una formula che funziona soprattutto per la bravura di Jennifer Lawrence, fuoriclasse ormai ampiamente affermata, stella assoluta della propria generazione. Un’attrice in grado di caricarsi sulle spalle un’intera saga, che pure si permette il lusso di arruolare grandi attori come il mai troppo compianto Philip Seymour Hoffman, che aveva concluso le riprese poco prima di morire (e questa parte finale può contare anche su una star del cinema d’autore come Julianne Moore, che si aggiunge ai “soliti” Woody Harrelson, Stanley Tucci e compagnia).

Ora però «sarà una lunga notte» in attesa dello scontro conclusivo. Non resta che aspettare l’esito finale.

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