La poesia di Oldani sbarca a Venezia

Scavando nel fango, nel profondo della terra, graffiandosi le mani si può arrivare alla fine a trovare dei sassi bianchi, si può trovare anche il sole. E un po’ di speranza.

Questo il senso de Il sasso bianco, la poesia forse più nota di Guido Oldani, che è stata scelta tra le altre dal regista Marco Dentici per essere inserita nel suo film Caldo grigio, caldo nero presentato ieri nella sezione Controcampo italiano alla 68esima edizione della Mostra del cinema di Venezia. Tra poche settimane, l’1 ottobre, sarà il secondo anniversario dell’alluvione che nel 2009 è tornata a sconvolgere l’area a sud di Messina: una tempesta di fango e acqua che travolse case e persone e lasciò ovunque distruzione e 31 morti e 6 dispersi. Il film di Dentici, apprezzato scenografo per anni al fianco di Bellocchio e regista teatrale di opere di Beckett, racconta i fatti di quei giorni, avvalendosi anche dei versi del poeta melegnanese che sono letti e interpretati sullo schermo. Un cammino a ritroso per Oldani quello verso la Sicilia, una sorta di ritorno per il poeta che in passato tanto ha scritto su questa terra dolente, accusando anche senza sconti mafia e malaffare.

«La collaborazione al progetto in verità è nata subito dopo l’alluvione - racconta Oldani che ieri era al Lido di Venezia per partecipare alla proiezione ufficiale del film, con il regista e gli interpreti Maria Grazia Cucinotta (anche nelle vesti di produttrice) e Nino Frassica -. Io ero nel direttivo della Permanente di Milano e allestimmo subito in quei giorni una mostra in omaggio alle vittime. Aderirono molti artisti, tra i quali Michele Cannaò, che poi ha trasformato quella “collezione” nel Museo del fango che ancora oggi esiste a testimonianza di quei fatti. Dentici entrò in contatto con noi vedendolo e da lì è partita la collaborazione al film che lui ha iniziato a pensare».

Come detto però il rapporto di Oldani con la Sicilia inizia prima… «Ho scritto versi su questa terra, contro chi le ha fatto del male in particolare, parole indirizzate direttamente contro la mafia. La mia poesia Gli angeli finisce con un’invettiva contro la mafia. Il fango di quell’alluvione è quindi metaforico, diventa simbolico: quel fango oggi è l’Italia. L’alluvione è stato frutto di una tragedia geologica, un problema di sfruttamento della natura, ma il dramma è più ampio, diffuso, frutto proprio di questo atteggiamento che ha lasciato che fossimo coperti dal fango».

Oldani appare anche nella pellicola, nelle riprese girate proprio al Museo del fango, ma il film contiene tre delle sue opere, una recitata dalla Cucinotta e una da lui stesso. Il poeta melegnanese, come sempre accade in questi casi, ha visto il lavoro finito per la prima volta in sala ieri a Venezia, troppo presto per giudicare e metabolizzare emozioni e reazioni; ma quello di cui già prima era certo è che dalla collaborazione con il cinema possa nascere qualcosa di più e di buono. «Ho molta speranza, aspettative. Credo che l’arte abbia un compito, possa favorire il cambiamento in qualche modo. Avevo lavorato con il teatro, con il cinema solo in un’occasione (con il giovane regista Gilberto Colla): i poeti hanno il compito di raccontare, descrivere questi nostri popoli che sono diventati schiavi degli oggetti, in un accavallamento generale che ci sta trascinando tutti.

Sono convinto che quando questa egemonia degli oggetti sparirà una forza centrifuga entrerà in azione, rimandando tutto verso l’esterno e rimettendo a posto ogni cosa. Noi, i poeti, gli artisti, ma anche voi giornalisti abbiamo un compito: descrivere e raccontare, senza tirarci indietro. Tocca a tutti fare la propria parte».

SPECIALE VENEZIA - Guido Oldani, con alcune delle sue poesie, è uno dei protagonisti “Caldo grigio, caldo nero” di Marco Dentici. L’intervista del nostro inviato

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