La Giulia e la rivincita (comica) degli sconfitti

La generazione del “piano B” finisce sempre per elaborare un progetto di fuga: «a vent’anni era un baretto sulla spiaggia, a quaranta un agriturismo». Con questo proposito si ritrovano i tre protagonisti di Noi e la Giulia, sconfitti di tutte le battaglie intraprese fin qui nella vita “normale”, convinti di trovare riscatto in un casale in Basilicata da trasformare in un’azienda. Un piano destinato ad arenarsi quando sulla loro strada (nel frattempo il gruppo si sarà anche allargato) comparirà il boss locale deciso a far valere il suo “diritto” al pizzo…

Sono degli eroi tragicomici i protagonisti del nuovo film da regista di Edoardo Leo, il terzo lungometraggio in carriera, ispirato dal romanzo di Fabio Bartolomei Giulia 1300 e altri miracoli. Dei perdenti a cui si offre per caso un’occasione di rivincita, che sarà colta in maniera accidentale e, ovviamente, comica.

Ha messo la faccia in uno dei film rivelazione della stagione recente del cinema italiano, Smetto quando voglio, e la firma su due delle commedie più interessanti, La mossa del pinguino e Ti ricordi di me?, che ha sceneggiato e anche interpretato. Anche solo per questo Edoardo Leo merita di essere seguito in questo suo nuovo progetto che lo vede ancora una volta nella doppia veste, davanti e dietro la macchina da presa. E sono molti i tratti comuni, le “linee di passaggio” suggerite da questa filmografia, a cui si aggiunge ora Noi e la Giulia: nei temi innanzitutto - il racconto di una generazione in crisi economica e di idee, quindi uno stretto legame con l’attualità da far convivere con la chiave comica - e nei modi. E proprio in questo secondo aspetto inizia a vedersi una “mano”, una personalità spiccata nell’opera di Leo che si distingue innanzitutto come ottima guida per i suoi attori. Con lui c’è un gruppo fidato di partner (a cominciare dal bravissimo Stefano Fresi, per arrivare a Claudio Amendola con cui - dopo Il pinguino - si sono scambiati ancora di ruolo) che dimostrano un grande affiatamento. È evidente la vocazione di riscoprire e valorizzare al massimo il “mestiere”, esaltando parti e volti da caratterista, nobilitando al massimo le interpretazioni: oltre a quelli già citati in questo film vanno ricordati Carlo Buccirosso, Anna Foglietta e Luca Argentero. Tutti molto “in parte” e parte del progetto.

Il resto, si diceva, lo fa il collegamento con la realtà, l’aderenza al quotidiano che viene messo sotto la lente della commedia. Si ride e si sorride in maniera dolce e amara nei film di Edoardo Leo e in questo in particolare, seguendo le disavventure di protagonisti che inevitabilmente finiscono per confrontarsi con vicende più grandi di loro, più complesse e anche più pericolose, e davanti alla quale alzano un muro di resistenza civile che non sarebbe nelle loro corde. È il riscatto dell’italiano medio che dovrebbe essere pavido o tutt’al più scaltro e che ritrova invece coraggio e dignità, è la lezione della commedia (italiana) che si rinnova con la freschezza che regista e interpreti sanno dare alla sua storia. Tragico e (soprattutto) comico che si incontrano quindi, i due registri che si toccano mischiando la risata a un accenno di commozione.

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