La Biennale ritrovata in una versione 2.0: villa Biancardi ospita l’arte del nostro tempo

Inaugurata a Casale la grande collettiva che riprende il marchio di quella sospesa nel 1988

L’arte del nostro tempo penetra nelle sale di Villa Biancardi a Zorlesco che esattamente da un decennio, nate dall’estro dell’architetto Coppedé, hanno superato il secolo di vita. Prima di impadronirsi di stanze e scaloni, quest’arte spesso scardinante la tradizione si è fermata nel parco, nello scrigno vegetale sovrastante l’antica ghiacciaia dove “La memoria del ghiaccio” di Elena Parati rispecchia il cielo; si manifesta nel cortile, nei “Lupi” in lamiera di Giorgio Salvato, per raggiungere poi il porticato a colonne, dove la parata di sculture unisce all’astratta pietra arenaria di Luigi Fulvi e alla sintesi figurale di Veronica Fonzo linguaggi e materiali inusuali.

Inaugurata ieri con il patrocinio del nostro quotidiano, la “Biennale 2.1. Città di Casalpusterlengo” è così, mescola le opere di oltre sessanta autori avvicinando tecniche, materiali, idee e temperamenti, in una kermesse impegnativa da costruire quanto sfuggente alla ricerca di un filo di organica compattezza. Ironicamente immortalati a grandezza naturale dal fotografo “Giuseppe Secchi, con tanto di cappello a Michelangelo Pistoletto” che del maestro dell’arte povera cita il famoso autoritratto specchiante, i curatori Mario Quadraroli e Mario Diegoli hanno inteso riunire flash di voci e stimoli riverberanti le ricerche dell’oggi. Dopo il saluto del sindaco di Casalpusterlengo Elia Delmiglio e dell’assessore alla cultura Mariano Peviani, Quadraroli ha ripercorso, nel momento inaugurale poi concluso dal concerto di “Infonote Ensemble”, il filo che congiunge la mostra con la storica “Biennale di Casalpusterlengo” che fu sospesa nel 1988, punteggiata di nomi di respiro nazionale. Dal salone di ingresso, il percorso lungo lo scalone d’onore, un occhio ai ferri battuti avvicinati al linguaggio di Alessandro Mazzucotelli, e l’altro ai sei metri del dipinto di Renato Galbusera, anticipa la danza di accostamenti tra passato e presente percorrente al primo piano dieci tra stanze e salette accomunate dalla presenza di fasce decorative, soffitti in legno o affrescati, specchi, boiseries e camini. Installazioni, dipinti, collage, stampe, ceramiche e sculture raggiungono anche la sala del biliardo e l’antica camera da letto: sui vetri, le trasparenze botaniche in stampe fotografiche di Diana Danelli sottolineano qui il dialogo tra l’interno e il parco, assicurato dalle finestre nell’intero itinerario.

Molte sarebbero le opere da segnalare, nell’insieme segnato da alterni livelli qualitativi; e citando i noti extralocali Fernando De Filippi e Paolo Baratella che firmano lavori dei periodi più significativi, e i “nostri” Angelo Palazzini, Tindaro Calia, Vittorio Vailati, Franco De Bernardi, Domenico Mangione, Luigi Poletti, Loredana De Lorenzi e Tonino Negri, con la sua mela sulla poetica morbidezza del cuscino in ceramica, ci soffermiamo sulle stampe dei 96 “Postcard” di Monica Anselmi, sulle splendide barche in ceramica raku di Anna Mainardi, sull’astrazione di Claudio Zanini e sul lavoro di Luigi Bianchini tra “téchne” e concetto. Al piano terra, la sala dedicata a Marcello Chiarenza cui è stato assegnato il Premio alla Carriera riesce soltanto ad accennare con piccoli formati all’incanto delle sue creazioni; un’altra, con 14 chine dall’aspetto raffinato di incisioni, esplicita invece il riconoscimento conferito al sindaco pittore Franco Pedrazzini. Nel segno della grafica la conclusione dell’itinerario, con oltre 40 autori di ambito nazionale, riuniti dal gruppo “Amici della grafica” coordinato da Piero Friggé, che ha presentato la sezione: fogli di indiscussa qualità, un po’ penalizzati dall’illuminazione e dai pannelli-supporto; una problematica comune all’intero percorso, che si intende risolvere per i prossimi eventi.

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