J. Edgar e le ombre d’America

J. Edgar, citato così, senza nemmeno il cognome, confidenzialmente, quasi non si trattasse di uno degli uomini più potenti al mondo (come però puntualmente riporta il “sommario” in calce sulle locandine). Solo il nome perché il cognome, Hoover, è fin troppo ingombrante e impegnativo. Quasi “spaventoso”. Si avvicina così Clint Eastwood al potentissimo Hoover, l’inventore dell’Fbi, il Federan Bureau of Investigation, l’uomo che ha sconfitto Dillinger, l’invasione del comunismo negli Stati Uniti, decine di complotti (dopo averne orditi almeno altrettanti), i nemici pubblici e i fantasmi di una nazione intera, tutti insieme.

Si capisce molto sin dal titolo delle intenzioni del regista circa il suo nuovo film, una “biografia irregolare” del poliziotto più famoso d’America, raccontato (con un’interpretazione magistrale da Leonardo DiCaprio, nonostante alcune fissità di trucco che penalizzano anche altri gli attori) al crepuscolo della sua esistenza e spostando all’indietro i piani temporali, fino a comporre un ritratto inedito di un uomo e di un intero Paese. Il progetto sarebbe “smisurato”, impossibile quasi da completare: condensare nelle oltre due ore di film la figura di un personaggio che ha accompagnato la storia americana come nessun altro probabilmente, che ha “servito” otto diversi presidenti, resistendo e sopravvivendo a tutti, la guida più potente e oscura della nazione per una buona fetta del Novecento. Eastwood quindi spiazza ancora e sceglie una prospettiva completamente disallineata rispetto ai canoni del “bio pic”: la cronaca in apparenza quasi non lo interessa, viene accennata, ricostruita a volo d’angelo attraverso alcuni eventi essenziali, lasciata alle ricostruzioni dei cinegiornali che raccontano dei successi e della crescita di prestigio del Bureau. Il regista invece si concentra su altro, su un aspetto completamente inedito rispetto al personaggio, costruisce un melodramma che racconta i sentimenti più intimi, le turbe personali di J. Edgar. Finendo per raccontarlo davvero, come nessuno mai aveva fatto. E in questo modo, allargando lo sguardo, arriva dove voleva: ad aggiungere un nuovo tassello alla sua personalissima anti-storia americana, un’opera monumentale che va via via componendosi attraverso titoli memorabili come Mystic River, Million Dollar Baby, Gran Torino e Changeling. Ogni volta scegliendo un’angolatura diversa, una prospettiva differente per raccontare una nazione intera, i suoi drammi e le gioie, i successi e le sconfitte che l’hanno segnata e cambiata nel tempo. Per stile e per i temi trattati, per la scelta dei colori e delle atmosfere, J. Edgar si avvicina forse più a Changeling che (tra le altre cose) si concentrava sulla fine dell’innocenza americana e sull’autoritarismo delle sue forze di polizia. E anche qui è il Paese in continua mutazione a specchiarsi in questo uomo, ritratto nell’intimità, nel difficile rapporto di dipendenza con la madre, in quello sentimentale e nascosto, segretissimo, che si sviluppa con il suo integerrimo vice Clyde Tolson. Non aspettatevi insomma una ricostruzione documentaristica e magistrale alla JFK e nemmeno la più adrenalinica rilettura di Michael Mann del contemporaneo Nemico pubblico Dillinger: Clint Eastwood ormai ha raggiunto uno spessore autoriale che lo mette a paragone con i grandi classici della letteratura e che gli consente di spiazzare continuamente lo spettatore.

Con davanti agli occhi lo sguardo truce dell’ispettore Callaghan uno potrebbe considerare quasi irrispettoso il trattamento riservato ora al più duro dei duri, il capo dell’Fbi in persona. Ma probabilmente l’errore sta a monte e siamo noi che per anni non abbiamo compreso cosa nascondeva quello sguardo. Dovendo poi fare ammenda ad ogni nuova regia del maestro Clint.

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J. Edgar

regia Clint Eastwood, con L. Di Caprio, N. Watts, J. Dench

PRIMA VISIONE - J. Edgar, citato così, senza nemmeno il cognome, confidenzialmente, quasi non si trattasse di uno degli uomini più potenti al mondo (come però puntualmente riporta il “sommario” in calce sulle locandine)

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