Ironia e improvvisazione, Lodi applaude Mannino

Il vero banco di prova di un comico è la capacità di improvvisare: che non vuol dire inventare lì per lì, ma sfruttare le diverse situazioni che ogni sera si presentano in palcoscenico (lo spettatore che arriva in ritardo, l’applauso che scatta fuori tempo, la risposta imprevista di qualcuno tra il pubblico), saperle governare e inserire nel canovaccio dello spettacolo con intelligenza e leggerezza. E Teresa Mannino, che ha scelto di avviare il suo spettacolo Sono nata il ventitré con un amichevole scambio di battute col pubblico, è proprio brava a percepire immediatamente il clima emotivo che c’è in platea e a usare le risposte – e anche i silenzi – del pubblico alle sue provocazioni per rompere il ghiaccio in modo diretto ma non aggressivo, con una carica di ironia che il pubblico accetta perché vede che è prima di tutto autoironia; si ride insieme di difetti, di tic, di comportamenti che sono di tutti, lei compresa.

Dal titolo ci si aspetta un racconto tutto autobiografico, come ci fa immaginare anche la scenografia, fatta di architetture che riproducono palazzi e strade di Palermo. Invece, tutta la prima parte dello spettacolo ruota attorno alla figura di Ulisse e alle sue scorribande per il Mediterraneo, raccontate nell’Odissea; l’eroe omerico ne esce un po’ malconcio: un marinaio che manca di senso dell’orientamento (per andare da Troia a Itaca ha fatto un percorso che neanche le navi da crociera), maldestro, infedele, bugiardo: la sua figura si ribalta in quella di un antieroe. Così come antieroici sono i personaggi che popolano la seconda metà dello spettacolo, e che costituiscono il bagaglio di ricordi dell’infanzia dell’attrice: a partire da una vecchia foto della sua prima comunione, Teresa Mannino ci conduce in una Palermo dove i bambini potevano giocare per le strade, avevano le ginocchia perennemente sbucciate, andavano al mare stipati in otto in una Cinquecento, potevano permettersi lunghi pomeriggi in cui ci si annoiava, a differenza dei bambini di oggi, iperprotetti da genitori ansiosi che riempiono le loro giornate di impegni frenetici. Sempre ridendo, si toccano argomenti seri come l’educazione, lo sport, la vita di coppia, il rapporto tra le generazioni; sempre con il gusto beffardo della battuta fulminante, in un campionario di situazioni in cui la quotidianità non diventa mai banalità.

La platea, ancora una volta affollata fino alle ultime file, si è lasciata coinvolgere nel gioco del dialogo con il palcoscenico e alla fine ha applaudito con convinzione.

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