«Io, aggrappato alla mia Bassa»

Kasalpusterlengo, 2015, il nome del comune lodigiano scritto con la K è il titolo dell’opera che Marcello Maloberti espone alla Triennale di Milano all’interno di Ennesima, ampia rassegna di arte contemporanea curata da Vincenzo De Bellis (fino al 6 marzo, www.triennale.org). Casale va in scena nel cuore della mostra, all’interno di una corposa sezione (forse la migliore) dedicata ai cosiddetti tableau vivant, ovvero perfomance dove attori o figuranti diventano protagonisti di quadri viventi. Arte o teatro? Tutte e due le cose insieme.

Abbiamo incontrato l’artista in Triennale il giorno dell’opening della mostra, quando alcuni cittadini di Casale si sono prestati ad animare la sua opera, sostenendo il cartello con indicato il nome del comune e dando vita a un’interessante performance. Due persone ogni quarto d’ora entrano ed escono dall’opera: il resto del tempo lo passano attaccate fermamente al cartello, sguardo fisso e fiero verso il pubblico. Nei mesi della mostra, la performance sarà ripetuta tutte le domeniche alle ore 16.

Maloberti, qual è il significato di questa performance? «Tengo a precisare che il cartello esposto è vero: me lo ha donato il Comune per quest’opera. Io sono di Casale e questo è il cartello cui mi ero appeso in una precedente performance».

Casale in Triennale: perché? «Tanti i motivi. Ricordo da ragazzo quante volte sono stato preso in giro per il nome della mia città natale: forse perché il nome è lungo, forse perché è buffo, sta di fatto che è entrato nell’immaginario collettivo di molti. Evoca uno spazio lontano, quasi mitico».

E che cosa rappresenta per lei? Perché vi si è aggrappato e oggi, in questa sua performance, vi ci fa aggrappare altri giovani?

«Per me questo cartello, con impresso il nome lungo del comune, il segno del controllo del traffico e lo stemma della città rappresenta il sogno di portare un po’ della mia provincia nel cuore di Milano, la città dove oggi lavoro».

Un omaggio dunque alla sua terra d’origine? «Certo, un modo per presentare il valore di tanti piccoli comuni del nostro Paese. Un modo per mettere in mostra, attraverso questo quadro vivente, la dignità della nostra provincia, ancora così carica di identità». Lei affianca all’attività artistica anche quella dell’insegnamento, come docente di Arti Visive al Naba, la Nuova Accademia di Belle Arti di Milano.

Come spiega il successo – che anche questa mostra alla Triennale esprime – delle performance? «Basta farsi un giro qui, per “Ennesima”, per vedere quanto è variegata la produzione di arte contemporanea in Italia: scultura, pittura, collage, installazioni, video. Tanti sono gli strumenti che oggi si usano. Forse in un momento come questo in cui siamo immersi nel mondo digitale, si sta vivendo una felice scoperta di un’arte, quella della performance, che ci coinvolge in prima persona, che ci ricorda il teatro, che è fatta da uomini in carne e ossa».

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