In viaggio nel tempo con i Legnanesi: “non ci resta che ridere”...

Il pubblico delle grandi occasioni per le due repliche della compagnia al Fanfulla

Vi ricordate della popolare pellicola “Non ci resta che piangere” targata Roberto Benigni e Massimo Troisi in cui i due protagonisti compiono un viaggio nel tempo? Ora immaginatevi la stessa situazione trasposta in chiave nostrana con personaggi “en travesti” che prendono ispirazione dalle corti lombarde, con gag e improvvisazioni comiche condite da un incontenibile dialetto, e avrete solo una vaga idea di ciò che succede nel nuovo spettacolo dei Legnanesi “Non ci resta che ridere” andato in scena lo scorso sabato al cinema Fanfulla di Lodi, con replica domenica pomeriggio.

Lo spettacolo doveva svolgersi inizialmente all’auditorium Bipielle ma per cause di ristrutturazione della sala ha subito un dirottamento nella location di viale Pavia, per l’occasione gremita di gente. L’organizzazione Altamarea Group ha comunque ricollocato i posti a sedere in modo tale da mantenere le stesse posizioni della sala precedente, garantendo inoltre l’ingresso a tutti coloro che erano in possesso dei biglietti relativi alle rappresentazioni passate, più volte rimandate a causa della pandemia.

Uno spettacolo tanto atteso quanto “sfortunato” – per via delle lunghe peripezie che ha dovuto affrontare – ma che finalmente ha preso vita davanti all’affezionatissimo pubblico lodigiano che nei confronti di questa storica compagnia (nel 2019 ha compiuto ben 70 anni di attività) nutre una genuina e sincera simpatia, oltreché un viscerale affetto per i suoi leggendari personaggi sempre coinvolti in esilaranti e paradossali avventure.

Questa volta i nostri tre paladini “La Teresa” (l’inossidabile Antonio Provasio), “La Mabilia” (il bravissimo Anrico Dalceri) e “Il Giovanni” (con la nuova interpretazione di Lorenzo Cordara che sostituisce Luigi Campisi dopo quarant’anni di onorato servizio), con uno strano artificio che parte dalla Gioconda al Louvre, si ritrovano nel “quasi 1500” alle prese con un Leonardo irrequieto intento a dipingere la Gioconda; insieme a loro in scena ci saranno Michelangelo, una strana Monna Lisa, un modello inverosimile del David (che con la foglia di fico sulle parti basse viene scambiato per Achille Lauro), e il buffissimo Salai (alias Gian Giacomo Caprotti), nella realtà storica allievo di Da Vinci, qui interpretato dal brillante Maicol Trotta in una caratterizzazione antesignana del Berlusca. Il quadro che si va a definire è tra i più esilaranti; le risate si susseguono senza soluzione di continuità e l’interazione dei comici con il pubblico rende il tutto più incalzante e spassoso.

Un trapianto di cervello al povero Giovanni, con gli inevitabili effetti strampalati e ipercomici che ne derivano, concludono la prima vicenda e conducono il pubblico, con un ulteriore viaggio nel tempo, nel classico cortile della famiglia Colombo, nell’anno 1918, trasformato in un ospedale da campo nel corso del primo conflitto mondiale. Questa volta il collegamento temporale è palese, ed è frutto del delirante quanto comico disegno della Teresa, la quale stufa ed esasperata vuole tornare indietro nel tempo per evitare il matrimonio dei suoceri e di conseguenza la nascita del marito Giovanni.

Insomma nel nuovo spettacolo dei Legnanesi si ride a crepapelle dall’inizio alla fine, di quel divertimento puro - quasi primitivo, denaturato da snobismi e pseudo sciccherie ostentate - che per due ore ti fa staccare da «quel vaca de telefunin – per usare una frase del capocomico Provasio - per guardare sempre il bicchiere mezzo pieno e ricordarsi che nella vita “Non ci resta che ridere”».

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