In viaggio agli antipodi del globo

Da Victor Kossakovsky un film di straodinaria poesia

Passare da una parte all’altra della terra. Come Alice nel paese delle meraviglie immaginare di «uscire dall’altra parte e vedere la gente camminare a testa in giù». Il sogno di Alice è quello di Victor Kossakovsky, regista documentarista tra i più apprezzati, che a Venezia 68 ha l’onore di portare il suo Vivan las antipodas nella serata di apertura del festival. Una collocazione insolita per un film, bellissimo, non di fiction, che quasi non ha dialogo e che mostra immagini di una bellezza da togliere il fiato, a cui dà un’anima il regista russo, che letteralmente passa da una parte all’altra del globo per mostrare gli antipodi, quegli estremi che a migliaia di chilometri di distanza certe volte sembrano «così lontani ma così vicini». Un angolo sperduto di Argentina e la metropoli cinese di Shanghai; la Patagonia, in Cile, e il lago Baikal in Russia; un villaggio in Botswana e, dall’altra parte, le Hawaii con il vulcano Kilauea sulla Grande isola; e infine il paesaggio montano, preistorico di Miraflores, in Spagna, e un grosso cetaceo, anche lui primitivo, senza vita su una spiaggia di Castle Point in Nuova Zelanda.

Mostrare le vite di persone agli antipodi: solo all’apparenza un gioco infantile, immaginando di scavare un tunnel di 12mila chilometri dall’Argentina alla Cina. E così raccontare uomini, popoli interi, attraverso piccoli gesti quotidiani. Basta poco per cogliere le differenze, e scoprire le uguaglianze. Come per i due guardiani del ponte a Entre Rìos in Argentina, accostati agli operai che un monumentale ponte lo costruiscono a Shanghai. Da una parte un tramonto si incendia di una luce rossa, dall’altra un’alba livida di smog annuncia un nuovo giorno. Sullo stesso pianeta. Agli antipodi, appunto.

E ancora l’uomo-condor della Patagonia, che vive come gli uccelli che lo circondano, immerso nel silenzio come le due donne, madre e figlia, che stanno sul lago Baikal, in Russia. Vicini nella sostanza, a dispetto della distanza fisica. Che separa anche il Botswana dalle Hawaii, dove la terra assume le forme degli animali, come in Nuova Zelanda, dome un enorme cetaceo sta immobile su una spiaggia, spinto dalle onde, dal vento. Che non conoscono il tempo.

Non un semplice esercizio di stile quello di Kossakovsky, perché non è semplice trovare terre agli antipodi, in una superfice del pianeta ricoperta per due terzi di acqua, e ci sono voluti anni di lavoro per arrivare a Las antipodas. Non una raccolta di immagini patinate e bellissime, degne di un canale tematico, ma un film di straordinaria poesia, che parla di differenze e di vicinanze, che accomuna gli opposti e li mette a confronto, li fa dialogare con semplici movimenti di macchina, con un sussurro, un battito d’ali, seguendo il volo di un condor, o ascoltando il verso di un rospo, distinguendolo anche da quello di una rana. Proprio mentre si avvicina la tempesta, e il fiume ingrossa le sue acque e si modifica.

Lu. D’A.

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