In riva all’Adda o sul Mississippi? Lodi si riscopre terra del blues

Applausi e tutto esaurito per il primo appuntamento con il festival

È un ritmo coinvolgente, che ti permette di superare anche la sensazione di spaesamento che si prova quando il blues è suonato fuori dal suo contesto, quando sei in una piazza o in un chiostro rinascimentale e non sulle rive di un fiume o in un locale fumoso e accaldato. È lì che te li immagini i bluesman con il look “cappello di paglia” come quello che ha sfoggiato domenica sera Cek Franceschetti, voce (e chitarra) della prima serata del Lodi Blues Festival, accompagnato dall’armonicista Luk Habbott. Dietro gli occhiali da sole, Cek ha iniziato la serata strimpellando con le dita sulle corde del dobro, saltellando da note decise e muscolose a sonorità più morbide e calde che si srotolano nel buio della sera, mentre le luci del palco – rosa, blu, rosa, blu – si confondono alla periferia dello sguardo.

Fuori dal quadrilatero di piazza Vittoria, non c’è il solito pubblico “gelato e bicicletta” da Lodi al Sole, ma la città ritrova i suoi amanti del blues, che chissà dove si nascondono nel resto dell’anno, forse davvero in quei locali fumosi, oppure soltanto in cantina a suonare vecchi dischi. Nel frattempo sul palco Cek e Luk hanno scaldato gli animi con “Walk” e sono passati a “Mountain Preacher”, dove raccontano delle loro origini di bresciani di montagna, prima di condurre il pubblico in un altro blues che è la nostalgia e il desiderio di piangere e poi di riderci sopra, e magari anche di ballare. Anche se le sedie blu del Comune – tutte occupate - sono distanziate e guai ad alzarsi in piedi nell’estate post-covid, qualcuno fa penzolare la gamba a ritmo e gli applausi non mancano mentre comincia lo storico riff di Trouble in Mind, la voce continua a inseguire la chitarra, o la chitarra insegue la voce, ed entrambe inseguono i sentimenti come in un rombo che dà la carica.

Quando un pugno di scettici fanno per andarsene, da fuori arrivano altre persone che sostituiscono le prime in una staffetta che non riesce a smaltire del tutto la coda all’ingesso, e che sancisce ancora una volta la sorprendente passione lodigiana per il blues.

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