Il volto dei lavori “non necessari” nelle immagini di Ludesan Life

La rivista digitale racconta come hanno vissuto gli operatori della cultura e dello spettacolo il periodo della pandemia con le chiusure e il lockdown

C’è chi ha “sfruttato” lo stop forzato per studiare, scrivere, aggiornarsi; chi ha inventato nuovi format, chi ha esplorato le infinite strade del web. Ma in generale, al di là della buona volontà e della fantasia dei soggetti coinvolti, il mondo della cultura ha sofferto in modo esponenziale i vari lockdown dovuti alla pandemia. Un lungo limbo che ha coinvolto non solo gli artisti, ma anche tutti gli operatori (dai trasportatori ai tecnici, dagli operai ai fonici) che lavorano in questo ambito. I numeri sono impietosi: secondo un’indagine dell’Osservatorio di Impresa e Cultura Italia-Confcommercio, nell’ultimo anno i consumi culturali hanno subito un calo del 47%; il cinema ha visto gli incassi diminuire del 71,5%, il teatro del 78,5% e i concerti dell’89,3%. «Dietro queste cifre allarmanti ci sono delle persone che non hanno potuto svolgere il proprio lavoro», scrivono Diana Galletta e Francesco Negri, autori del reportage “Io sono necessario? Storia di lavoratori della cultura e dello spettacolo ai tempi del Covid”, la nuova pubblicazione di Ludesan Life, la rivista online di fotogiornalismo (www.ludesanlife.it) nata da un’idea di alcuni soci del Gruppo Progetto Immagine.

Il progetto raccoglie le storie di 9 lavoratori ritenuti appunto “non necessari” che operano nel Lodigiano: una guida museale, una scrittrice, una ballerina, un attore, un musicista, un tecnico, un’atelierista, un libraio e una bibliotecaria. «Nei mesi scorsi abbiamo spesso sentito parlare di attività “essenziali” o “necessarie” per motivare la scelta di riaprire alcune di esse piuttosto che altre – continuano i due fotografi -. Davanti alla situazione drammatica in cui versa oggi il settore della cultura e dello spettacolo ci siamo chiesti se l’uomo, anche solo nei periodi di crisi, davvero possa fare a meno della cultura, nelle sue più svariate forme. Abbiamo incontrato alcune persone del nostro territorio che di cultura vivono. Ci hanno raccontato quali conseguenze ha avuto questa crisi sulle loro vite e quali sono le loro speranze e prospettive future. Attraverso le loro storie abbiamo cercato di capire come stia oggi chi lavora in questo settore. Due domande ci hanno accompagnato durante l’indagine: qual è il valore della cultura per l’essere umano? Chi la cultura la trasmette, è necessario alla società?». Ogni persona coinvolta nel progetto è stata ritratta con due fotografie: uno scatto a mezzo busto e uno in cui è immerso nel suo “habitat” lavorativo. Ognuno di loro racconta la propria esperienza, le ansie, le preoccupazioni, ma anche la speranza che presto si possa tornare alla cosiddetta normalità. «Noi siamo animali sociali, torneremo a fare le cose fisicamente – dice la scrittrice lodigiana Ilaria Rossetti -. Con lentezza, ma lo faremo.»n

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