Il viaggio nella giungla di Mowgli: una moderna parabola ambientalista

«Il cucciolo di uomo senza un popolo che riunì la giungla». Cinquant’anni dopo il capolavoro dell’animazione Disney (fu l’ultimo film prodotto in prima persona da Walt che morì durante la lavorazione) torna al cinema il “libro” ispirato ai racconti del premio Nobel per la letteratura Rudyard Kipling. E torna per restarci, per lasciare un segno, per affiancarsi al suo predecessore e non per prenderne il posto.

Girato in “live-action”, con un’opera imponente di computer grafica, che permette la presenza contemporanea sullo schermo del personaggio “umano” del piccolo Mowgli e la ricostruzione digitale di tutto il resto (ambienti e animali) Il libro della giungla diretto da Jon Favreau (regista di due Iron Man) non è un semplice remake ma è piuttosto un passaggio di testimone alle nuove generazioni che entrano in contatto con quel classico pubblicato ormai 120 anni fa.

Favreau compie un’operazione complessa, perché difficile era rinnovare il “messaggio” senza stravolgere l’originale, senza andare incontro a imbarazzanti confronti. E la chiave per la riuscita sta – come detto – nella continuità. Anzi nel desiderio di riavvicinarsi all’originale che in qualche maniera era stato “edulcorato” da Walt Disney nella versione animata per avvicinarsi alle famiglie.

In questo Libro restano i personaggi e i principali snodi narrativi, a cui il “live-action” ovviamente dà un “corpo” robusto, veloce (a tratti spaventoso), e dosi massicce di realismo. Ma anche in questa versione quello di Kipling si conferma uno straordinario romanzo di formazione, che conserva intatta la sua attualità. Il viaggio di Mowgli nella giungla rimane un percorso di scoperta e di ricerca di una propria identità, che parte dall’accettazione di sé e si forma attraverso il confronto con gli altri (in questo caso le specie animali) e con una natura spesso ostile. Il cucciolo adottato dai lupi cresce nel rispetto delle regole della giungla, sottolineate da un racconto che si trasforma cinquant’anni dopo in un potente apologo ambientalista: «la tregua dell’acqua», «il rampicante che avvolge l’albero e ne decreta la fine», il passaggio delle stagioni e i rapporti di forza e di rispetto tra i diversi abitanti della foresta. Il regista segue con rispetto il testo e rende omaggio visivamente al modello originale, nella scelta dei colori, nelle inquadrature… prima di virare decisamente quando in maniera dischiarata tradisce lo spirito “per famiglie” guardando in direzione del cuore di tenebra della storia (memorabile l’apparizione dell’orango Re Louie che sembra fare il verso a Kurtz-Marlon Brando).

Resta invariato - ovviamente - il percorso di Mowgli che incontra via via sul suo cammino il pitone Kaa, pericoloso e ipnotico, il buono e placido orso Baloo, la pantera Bagheera simbolo di forza fisica e figura di riferimento, contrapposta alla violenza della tigre Shere Khan che uccide non per sfamarsi ma per vendetta. Favreau modifica qualcosa rendendo più attuali alcuni personaggi, lasciandone immutati altri. Cambia alcuni passaggi e dà la sua impronta personale in diversi momenti che si rivelano cruciali. Abbandonata l’animazione correva il rischio di un realismo esasperato ma riesce a restituire la poesia rimasta nella memoria di tutti attraverso soluzioni differenti. Raggiunge infine lo scopo di riconsegnare, cinquant’anni dopo, una nuova lettura di quel fantastico “libro” mantenendone inalterato il suo potente messaggio.

© RIPRODUZIONE RISERVATA