Il sogno di Jiro, l’ultimo “Icaro”

Già Leone d’Oro in Laguna, il regista in concorso con “Il vento soffia” ha annunciato,

fra la sorpresa generale,

il ritiro dalle scene

VENEZIA 70 «Si alza il vento. Bisogna tentare di vivere». Per uno che ha chiamato la sua casa di produzione Ghibli forse doveva essere inevitabile imbattersi in questi versi di Paul Valery. Citati ora nel titolo del nuovo film da Hayao Miyazaki, maestro dell’animazione giapponese ospite in concorso alla Mostra del cinema di Venezia (festival che nel 2005 già gli aveva attribuito il Leone d’oro e che il regista ha scelto per annunciare il suo ritiro dalle scene).

Prova quindi a disegnare il vento Miyazaki maneggiando, come sempre, «la materia di cui sono fatti i sogni». E ne Il vento soffia riesce a regalare grazia e magia persino alla storia di Jiro Horikoshi, ingegnere aeronautico giapponese che realizzò dopo anni di studio il Mitsubhishi A6M1, il temibile “Zero” il caccia da guerra più efficace veloce e mortale dell’aeronautica giapponese. Sbaglia però chi definisce quello del padre degli “anime” più amati e premiati un inno bellico o qualcosa di simile: non c’è niente di tutto ciò in quest’opera lirica e delicata, che racconta il sogno del volo del giovane Jiro, influenzato nel suo percorso di crescita persino dall’italiano Gianni Caproni, “disegnato” da Miyazaki con un paio di baffi curati e a bordo di aerei leggeri e bellissimi, con le ali tricolori.

«Guardare le cose distanti fa migliorare la vista» dice Jiro osservando le stelle, lui che è miope e deve rinunciare all’idea di fare il pilota ma che immagina velivoli e prototipi studiando il vento e gli uccelli. Infatti sogna di sostituire le bombe con i passeggeri, pensando al primo aereo per una trasvolata atlantica, e di colmare il ritardo tecnologico del paese, indietro di decenni all’inizio del Novecento. Non è quindi un film militarista quello di Miyazaki per un semplice motivo: perché parla di molto altro, racconta una nazione intera, dalla distruzione di Tokyo del 1923 alla rinascita industriale e al sogno della modernità, attraverso una vicenda dai contorni romantici che rimane assai vicina alla tradizione degli anime giapponesi I sogni di Jiro sono essenziali perché fanno immaginare al ragazzo un mondo diverso popolato da aerei bellissimi e moderni, e sono indispensabili a Miyazaki perché sono quelli che muovono la sua matita, consentendole di andare dappertutto, senza nessun vincolo della fisica o della natura. Per questo è possibile seguire anche in un Concorso come quello della 70esima edizione del festival, popolato di argomenti cupi e complessi, le immagini animate di questo film dimenticandosi presto che le figure non sono in carne e ossa e pensando che attraverso i disegni di questo grande autore si possono dire cose serissime che hanno sempre il dono raro della semplicità.

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