
Il ritorno a casa di Max Carinelli: «Fermiamoci e torniamo indietro»
“Homecoming” è la quarta fatica discografica del cantautore e chitarrista lodigiano noto come Letlo Vin
Il primo disco parlava di morte. Il secondo di amore. Il terzo di vita. Con “Homecoming”, la sua quarta fatica discografica, Letlo Vin – alias del cantautore e chitarrista lodigiano Max Carinelli – torna alle radici, al silenzio delle cose che contano, alle emozioni vere, attraverso una manciata di ballate d’autore in bilico tra folk, country e blues. «Ci sono tante metafore dentro questo album – racconta Carinelli –. “Tornare a casa” significa anche non farsi più ammaliare dalle cose che luccicano. Oggi gli idoli sono il modernismo a tutti i costi, l’edonismo compulsivo. Ma così perdiamo l’amicizia vera, l’amore vero. Il motto è: fermiamoci e torniamo indietro».
“Homecoming” è un disco avvolto da un’atmosfera onirica, sospesa, costruita su otto tracce limpide, tutte registrate al Treehouse Lab di Daniele Valentini a Lodi con tre amici fidati: Gianluca Buoncompagni al basso, Andrea Menin alla batteria e Andrea Boriani alle tastiere, all’armonium e alla chitarra slide. Una squadra lodigiana per un suono che guarda lontano: le canzoni sono state masterizzate negli Stati Uniti da Nick Petersen, già al lavoro nel primo disco, “Songs for Takeda” del 2014, nonché collaboratore di Bon Iver.
La nuova opera è fatta di dettagli e visioni, a partire dall’intenso incipit di “Kill your idols”, ballata country che mette a nudo il bisogno di abbattere i falsi miti per ritrovare l’essenziale: l’amore, la verità, la propria voce. In “Dust and rust”, le radici diventano polvere e ricordo. È un brano veloce, quasi western, in cui il country galoppa tra i fantasmi del passato, tra le persone che non ci sono più. Arriva poi “Out of nothing”, e il viaggio cambia passo: una ballata tex-mex che canta la bellezza di un giorno senza connessioni, senza telefoni, senza notifiche.
«Forse è il mio disco più springsteeniano – ammette Max –. In effetti ci possono essere affinità con album come “Western Stars” o “The Ghost of Tom Joad”. Ma sento anche l’influenza dell’ultimo Johnny Cash, quello delle ballate lente come “Hurt”, o di Chris Stapleton, un autore folk-country ancora troppo sottovalutato».
C’è tanta America, sì, ma filtrata con occhio personale e delicato. Come in “Facts”, ballata alla Dylan che affronta i rancori e le parole mai dette. Oppure in “Fly”, un brano in bilico tra country e rockabilly, che si apre a suggestioni quasi psichedeliche. Con “Astray” si passa alla forma del racconto cinematografico: una canzone folk che esplora le paure che si nascondono dentro l’amore. In “A matter of love” si parla invece di amore per se stessi: un tema raramente trattato con tale tenerezza. «È una canzone contro la commiserazione – spiega Carinelli –, un invito ad avere più autostima, a smettere di compatirsi e iniziare a volersi bene». E infine “Valentine song”, il brano più intimo del disco. Un pezzo d’amore e mancanza, autobiografico, che chiude il cerchio e torna alla casa vera.
Letlo Vin presenterà “Homecoming” sabato 7 giugno a Lodi, durante il festival “Lungo Adda Bonaparty”: un’occasione per ascoltare dal vivo un disco che accarezza l’anima e ci ricorda che, a volte, si viaggia per tornare dove siamo nati
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