Il Dostoevskij di Orsini sul palco delle Vigne

Il suo spettacolo La leggenda del Grande Inquisitore , che arriva sul palcoscenico del teatro alle Vigne di Lodi domenica 14 dicembre, ha stabilito un record di presenze nelle repliche appena terminate all’Elfo Puccini di Milano. Nel dare conto con orgoglio dei risultati entusiasmanti dei suoi spettacoli, Umberto Orsini ci spiega perché ha deciso di riprendere in teatro questo episodio dei Fratelli Karamazov di Dostoevskij, che più di quarant’anni fa aveva recitato, nello stesso ruolo di Ivan, in uno sceneggiato televisivo diretto da Sandro Bolchi. «Questa volta sarò un Ivan più maturo, che porta sulla scena il paradosso dell’incontro con un Cristo che offre all’uomo una libertà che egli rifiuta per non assumersene la responsabilità, che demanda volentieri ad altri (i partiti, per esempio, o la Chiesa). È quello che probabilmente succederebbe oggi, se Cristo tornasse sulla terra. Il tema è attuale, proposto in una forma antitradizionale dal regista Pietro Babina, uno dei giovani di punta del teatro di ricerca. Insieme abbiamo inventato uno spettacolo che ha molto di propositivo nella forma e molto di solido nella sostanza». Orsini, che nella sua lunga carriera ha lavorato con i più grandi registi (da Visconti a Ronconi), ha vinto premi prestigiosi, ha diretto a lungo un teatro importante come l’Eliseo di Roma e un paio d’anni fa ha deciso di fondare una compagnia teatrale che porta il suo nome. È spontaneo chiedersi se, oggi che la crisi colpisce duramente anche il teatro, gli sembra il momento giusto per una scelta così controcorrente: «Direi proprio di sì –risponde l’attore – è un modo per responsabilizzarsi su un lavoro sempre più difficile da mettere in piedi; mi sono fondato sulla bontà dei miei spettacoli e sulla qualità dei collaboratori che mi scelgo, scommettendo sulla possibilità di fare impresa oggi con buone idee e progetti di qualità. Snellendo l’apparato burocratico che spesso soffoca i teatri pubblici, riesco a fare un buon prodotto a costi minori. Do lavoro a circa venti persone e mi sento libero delle mie scelte».La collaborazione con persone giovani, aggiunge, gli offre la possibilità di portare qualcosa di nuovo in teatro: in questo spettacolo, per esempio, si usa la tecnologia per mettere a contatto il personaggio di oggi con il suo “doppio” televisivo di tanti anni fa, e da un’intuizione del regista è nata l’idea di far svolgere il monologo del Grande Inquisitore come una“ Ted conference”, «una conferenza tenuta da personaggi famosi – che poi in genere viene diffusa sul web – della durata massima di diciotto minuti, per esprimere idee degne di essere conosciute»; un “contenitore” decisamente spiazzante per un dibattito teologico. Orsini dà prova una volta di più della sua instancabile voglia di sperimentare: «C’è sempre un grande lavoro di collaborazione nella preparazione di ogni spettacolo, e poi mi abbandono nelle mani dei registi dei quali mi fido: io traggo il meglio da loro, e loro da me».

© RIPRODUZIONE RISERVATA