Il crocifisso delle Grazie è un capolavoro del 400:

Il restauratore Cretti: «Il Cristo non è ancora morto, è proprio nel momento del passaggio»

La notizia è di primissimo piano, tanto che il restauratore Domenico Cretti afferma: «Vale la pena venire a Lodi solo per vederlo». Il Crocifisso conservato nel santuario delle Grazie a Lodi, in zona porta Cremona, risale al Quattrocento e fa parte della stessa bottega dei primi quattro catalogati da Gianni Carlo Sciolla nel 1989: i due della Maddalena, uno in San Lorenzo e uno in Sant’Agnese. «È il quinto Crocifisso della stessa bottega», conferma Cretti dopo il sopralluogo nel suo laboratorio da parte di Filippo Piazza, funzionario della Soprintendenza. Una sorpresa, stando alle parole di don Mario Marielli, collaboratore della parrocchia dell’Assunta e residente accanto al santuario di piazza Zaninelli: «Si trovava in sacrestia. Lo ricordo lì da sempre. Ma undici anni fa, quando sono arrivato, mi sono accorto subito che si trattava di qualcosa di importante. Ora siamo contenti di essere riusciti ad avviare il restauro».

Nel suo laboratorio Cretti si accosta all’opera stesa sotto il microscopio e spiega: «Porta la firma della stessa bottega: la triangolatura che parte dalla testa dell’omero, scende verso l’ascella e prosegue nel costato». E prosegue: «Il costato nella zona centrale del petto e nelle zone laterali con le costole».

Su questa scultura in legno policroma la pulitura ha individuato sette strati. Il più antico risale al Cinquecento e occorrerà decidere, insieme a Soprintendenza e a committenza, se lasciarlo per non rovinare l’originale. Nel perizoma di Gesù si vede bene che le linee rosse sono del Cinquecento, quelle azzurre del Quattrocento.

Nel 2003 Giorgio Daccò nel bellissimo volume “La Maddalena di Lodi”, edito dalla parrocchia, aveva approfondito moltissimi aspetti storici e artistici dei primi quattro Crocifissi conosciuti (compreso il “marchio di fabbrica” con la fossetta ombelicale e una “M” gotica scolpita che rimandano all’“Ombilicus Mundi”) e li aveva accostati ad altri due nel Palazzo Vescovile. Il Crocifisso delle Grazie invece oggi è una sorpresa. Con la collaboratrice Susanna Trabucchi, Cretti è solito presentare alla comunità il restauro compiuto. Intanto fa notare: «Risalta la conoscenza dell’anatomia, in un’epoca precedente alle opere di Leonardo (che arrivò a Pavia nel 1490, ndr) e Michelangelo». I tendini delle mani (oltre che sui polsi) scolpiti in modo precisissimo pur se destinati a rimanere nascosti, verso la croce; così i capelli fin sulla nuca; la bocca socchiusa nell’agonia. «Il Cristo non è ancora morto, non ha il capo reclinato: è proprio nel momento del passaggio».

Una frattura attraversa il busto e verrà sanata: «Tutto il corpo è stato scolpito da un unico tronco, una latifoglia. L’intaglio è spettacolare. Si tratta di una delle cose più belle che abbiamo a Lodi e nel Lodigiano, tanto più che di quell’epoca rimane pochissimo. Il Crocifisso era oggetto che veniva usato, maneggiato, portato in processione. Quando si deteriorava veniva sostituito con altri del gusto della nuova epoca. Questo invece si è conservato. Vale la pena venire a Lodi solo per lui».

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