I periodici diocesani, questi sconosciuti...

Parlare di contributi pubblici a un settore economico in tempi (prolungati) di crisi come questi non è esattamente popolare. Il sentire comune, infatti, vuole che solo chi cammini con le proprie gambe, stando virtuosamente sul mercato, abbia diritto di esistere. Poco importa del settore di cui si sta parlando, sia esso un normale ambito merceologico piuttosto che un’area strategica per le sue possibili ricadute sulla tenuta del tessuto democratico qual è l’editoria. Ha avuto dunque coraggio don Giorgio Zucchelli, direttore del «Nuovo Torrazzo» di Crema e per diversi anni presidente della Federazione italiana settimanali cattolici (Fisc), a scrivere questo volume appena pubblicato dalla Libreria Editrice Vaticana e dedicato ai settimanali diocesani e, più in generale, ai media cattolici in Italia, ivi compreso il «Cittadino» (citato a più riprese nel lavoro), nato dalla stessa matrice ma poi divenuto quotidiano ormai 25 anni orsono. Nel corposo saggio, che affianca una vasta trattazione storica a un’analisi attenta della situazione attuale dell’editoria e della comunicazione - “ecclesiale” e non - don Zucchelli dedica una parte di grande interesse al tema delle cosiddette “provvidenze” all’editoria , da anni in progressiva e ampia riduzione sotto la spinta della “spending review” da una parte e della ricordata pressione dell’opinione pubblica dall’altra. Una riduzione, quella dell’aiuto di Stato (nella forma diretta dell’erogazione di contributi ma anche in quella indiretta di agevolazioni sulle tariffe postali, l’acquisto della carta, ecc.) che ha fatto chiudere o messo in difficoltà decine di giornali - non solo diocesani - in tutto lo Stivale anche in virtù delle modalità confuse e irrazionali con cui è avvenuta: senza programmazione, senza certezze, con messaggi contradditori e tagli retroattivi. L’autore fornisce cifre e dettagli del fenomeno e aiuta a capirne la rilevanza, troppo spesso ignorata dallo stesso mondo dell’informazione, a sua volta squassato da una durissima crisi di congiuntura e di struttura, con il calo del mercato pubblicitario e delle vendite da un lato e la concorrenza del web (non supportato però da un modello di business adeguato) dall’altro. In un Paese in cui il 60 per cento della popolazione non legge nemmeno un libro in un anno e in cui da sempre la lettura della stampa periodica - quotidiana ma anche settimanale e mensile - è fra le più basse nel mondo occidentale ci si può permettere di mandare tutto a mare, lasciando perire di “inedia” i giornali? E soprattutto - venendo al mondo della stampa diocesana - che impatto avrà sulle comunità locali e sulla formazione dell’opinione pubblica lo spegnersi delle sole voci “terze” nel coro monotono, radicaleggiante e aggressivo dell’informazione fornita dai grandi quotidiani e dagli altri media odierni? I due quesiti non possono essere ignorati e fa bene don Zucchelli a mettere il dito nella piaga della perdurante assenza di progettualità da parte dei governi succedutisi nell’ultimo decennio per invocare una presa di coscienza e una riforma dell’intero comparto editoriale, da troppo tempo annunciata ma mai uscita dai cassetti di Palazzo Chigi, dove imperano confusione e scarsa conoscenza del fenomeno. «Le testate cattoliche nel Paese - racconta l’autore- sono 194 eppure quando si va a parlare con gli addetti ministeriali, nella stragrande maggioranza dei casi emerge che si tratta di una realtà sconosciuta. Spesso non hanno mai visto nemmeno uno di questi giornali». Don Zucchelli, comunque, non disdegna dure frecciate neanche al mondo in cui, personalmente, si trova a operare, invocando una maggiore professionalizzazione e una più attenta cura della comunicazione (e della formazione dei comunicatori) da parte delle diocesi, sfruttando proprio gli strumenti dei settimanali per riuscire nell’intento. «Molti vescovi - scrive - spingono nella direzione di fare un giornale di opinione. Ma bisognerebbe capire che così non si va avanti. I giornali di ispirazione cattolica - aggiunge sposando di fatto la scelta effettuata dal nostro quotidiano - dovrebbero essere più generalisti e affrontare tutti gli argomenti, anche quelli che danno più fastidio, senza risparmiare il proprio punto di vista». Don Zucchelli analizza infine il linguaggio: «Quello ecclesiastico - riflette - si caratterizza per un basso grado di comprensibilità. Veicola l’immagine di una Chiesa gerarchica separata dalla comunità di base. Dobbiamo invece imparare da Papa Francesco che «nel suo ministero e nei suoi testi ha adottato un linguagg io accessibile al popolo».

Giorgio Zucchelli, Il settimanale diocesano. Questo sconosciuto... Libreria Editrice Vaticana, Roma 2015, pp. 507, 20 euro

Don Giorgio Zucchelli, ex presidente della Federazione di categoria e direttore del «Nuovo Torrazzo» di Crema, dedica un ampio volume ai settimanali diocesani.

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