Hunger Games, si chiude il cerchio

Ci sarà un tempo per la pace? Giorni senza incubi in cui poter tornare a giocare senza aver paura? Prima di questi però per Katniss Everdeen ci sono altri giorni di guerra, c’è il tempo della rivoluzione e della vendetta, per chiudere il cerchio con Snow, con l’arena, con la battaglia. C’è insomma Il canto della rivolta, che con questa “parte 2” finalmente in sala conclude la saga cinematografica nata dai romanzi distopici di Suzanne Collins. Un franchise che ha saputo incassare oltre 2 miliardi di dollari al botteghino mondiale, diventando autentico fenomeno di culto per le nuove generazioni.

Inutile riassumere le puntate precedenti per il popolo degli appassionati e impossibile anticipare i contenuti di questo ultimo film senza correre il rischio di “spoiler”: quel che c’è da sapere de Il canto della rivolta. Parte 2 è che chiude in maniera degna quanto iniziato, facendo anzi un ulteriore passo avanti nella costruzione del personaggio di Katniss e del suo mondo. Oscuro, complesso, spettacolare ma allo stesso tempo intimo il film diretto da Francis Lawrence riesce a tirare le fila della saga intera, a chiudere il sipario mescolando tutti gli elementi che sono stati fin qui caratterizzanti per la serie e fondamentali per il suo successo.

Ancora più che nei tre film precedenti in questo si mischiano le “tinte”, risulta difficile distinguere chiaramente tra bianco e nero, tra bene e male, così che anche i nemici possano cambiare faccia e posizione sulla scacchiera. Ma in fondo non è sempre stato così, sin dalla prima volta nell’arena?

Romanzo di formazione al femminile, assolutamente moderno, Hunger Games arriva dunque all’epilogo: i protagonisti sono cresciuti insieme ai loro stessi spettatori, superando prove simili. Jennifer Lawrence è diventata nel frattempo una star planetaria, venendo lei stessa travolta dal peso (in termini di popolarità) toccato al suo personaggio. Che da adolescente è diventata donna e poi leader. E che in questo capitolo finale deve elaborare proprio questo “passaggio” prima di arrivare al confronto con il presidente Snow e alla resa dei conti finale per liberare i cittadini di Panem.

Ma è chiaro ancora una volta che la guerra da combattere non è “solo” quella con le armi, ma è più intima, personale, e si presenta con il carico della consapevolezza che gli Hunger games non sono finiti e forse non finiranno mai. La nuova edizione “si gioca” sì contro un nemico, ma in fondo vede i protagonisti messi uno contro l’altro. Amicizia, lealtà, amore, ma anche una riflessione non banale sulla guerra e sull’odio che si autoalimenta: Katniss Everdeen è ancora un misto di passione, coraggio, forza e lealtà, un’adolescente-guerriera che lotta per la sopravvivenza. Ma ora ha uno sguardo più adulto sulle cose, come il film di cui è protagonista che è arrivato all’epilogo spostando un po’ l’obiettivo, trasformando la visione su alcuni dei suoi “temi forti”. Meno interessato forse ad argomenti come il controllo delle coscienze e la manipolazione attraverso le immagini, più attento alla crescita personale della sua eroina fragile e tormentata, giovane donna in cerca di pace, così vicina ai nostri tempi.

Non ci sarebbe Hunger Games senza Katniss/Jennifer Lawrence ma nel finale, quasi sullo sfondo ma capace di “rompere” ugualmente lo schermo, resta negli occhi il primo piano di Philip Seymour Hoffman, al suo ultimo ruolo sullo schermo.

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