Homecoming

SIAMO SERIAL: Julia Roberts protagonista di un dramma costruito sul ritorno a casa dei reduci di guerra

Le premesse per il successo c’erano tutte: una bravissima attrice, Julia Roberts; un dramma da sviscerare, il ritorno a casa dei soldati americani; un mistero da sciogliere (come al solito niente spoiler). La verità, però, è che nonostante “Homecoming” sia stato acclamato dalla critica manca di quella suspence e di quella tensione che spingono - quando presenti - al bing watching. Si resta in attesa di una svolta che non arriva, anche a causa della narrazione, spesso basata su conversazioni telefoniche.

Procediamo con ordine. Questa serie tv statunitense, ispirata dal podcast di Eli Horowitz e Micah Bloomberg, racconta le vicende di Heidi Bergman (Julia Roberts), una psicologa che lavora in un misterioso centro creato per aiutare i soldati a tornare nella società e superare i traumi della guerra. È in questa occasione che incontra Walter Cruz, un giovane che in combattimento ha perso diversi amici ma che nonostante la tragedia si rivela fiducioso nei confronti del programma e della struttura. Heidi crede veramente di poter aiutare i veterani, a differenza del suo capo, Colin Belfast (Bobby Cannavale), il quale spinge il progetto in una direzione diversa, al punto che i due si trovano spesso su fronti opposti, soprattutto per ciò che riguarda la cura farmacologica e il percorso che i soldati devono seguire. Heidi inizia così a dubitare del centro e dello scopo per cui è nato. Ben presto un investigatore del dipartimento della Difesa, Thomas Carrasco (Shea Whigham), inizia a indagare sull’intero progetto, in seguito a una denuncia sporta contro la “clinica”.

La regia, firmata da Sam Esmail (“Mr Robot”, ricordate?) è impeccabile e segue due diversi stili. La storia, infatti, si dipana attraverso due linee temporali: una si svolge nel passato, all’interno del centro di recupero, ed è a schermo pieno, con Heidi che fa la psicologa; l’altra racconta il futuro, il formato è ridotto come se si trattasse del video di uno smartphone, con Heidi che fa la cameriera. Due stili differenti, così come l’atmosfera che si respira.

La scena iniziale si svolge nello studio della dottoressa Bergman, dove è presente un acquario, un elemento tutt’altro che secondario. I veterani nel centro sembrano proprio pesci in una vasca da cui non possono uscire, dove la loro volontà non conta, osservati e studiati quasi come cavie. La situazione non è tanto diversa negli uffici del dipartimento della Difesa, dove Carrasco indaga senza grande potere decisionale e senza che i suoi superiori sembrino interessati alla faccenda. Spesso la macchina da presa si sposta all’interno degli ambienti come a suggerire il movimento dell’acqua, come a guardare dall’alto di un acquario i piccoli esseri viventi che si muovono di sotto, schiacciati dagli eventi e dalle decisioni altrui.

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