Frosio porta i Folligeniali a Venezia

È tra gli artisti selezionati all’estero e che rappresentano l’Italia

Ha smesso di dipingere a metà degli anni Settanta, ma non ha mai smesso di creare opere d’arte. Che fossero una forma di granone lodigiano, una poesia, una canzone o un nuovo progetto per i suoi Folligeniali. Perché da sempre per Angelo Frosio, l’arte è amare: «Solo facendosi dono e offerta gratuita a tutti, l’arte può comunicare al massimo grado, con l’efficacia somma, in piena libertà». E lui, libero, lo è sempre stato: «Non ho mai avuto contratti con nessuna galleria, né sono mai entrato in circuiti commerciali: i quadri che ho venduto sono serviti a sostenere la Scuola Bergognone, la mia vera grande opera d’arte che ho iniziato nel 1975 e che sto portando avanti ancora oggi». Il suo lavoro ha però valicato i confini nazionali, perché da anni Frosio, in qualità di esperto lattiero-caseario, ha esportato la sua arte nel mondo, in particolare nei Paesi baltici: e proprio da qui il suo nome è stato segnalato alla commissione presieduta da Vittorio Sgarbi per partecipare alla prossima Biennale di Venezia, in programma dal 4 giugno al 27 novembre. Frosio farà parte degli artisti selezionati all’estero e che rappresentano la cultura italiana nel mondo. In laguna, l’opera dell’artista lodigiano sarà “sezionata” attraverso un video che narra le fasi principali del suo lavoro: non solo l’attività di pittore, quando negli anni Sessanta provocava stupore con i suoi quadri composti di bottoni, chiodi, gusci di lumaca e pannocchie, ma anche e soprattutto l’attività della Scuola Bergognone fino ad arrivare al Museo dei Folligeniali, ultima tappa di un lungo e prezioso cammino artistico e didattico. In contemporanea, a Vilnius, capitale della Lituania, città dove Frosio fu chiamato alla fine degli anni Ottanta per ridare vita a un vecchio caseificio (che oggi esporta 20mila tonnellate all’anno del formaggio Goya) e dove ha poi ristrutturato un museo locale e riportato la tradizione del presepe, verrà allestito un percorso che riassumerà le tappe salienti della sua poetica. «Non ci aspettavamo che Angelo venisse invitato alla prossima edizione della Biennale - spiega il direttore del Museo Folligeniali, Matteo Vecellio - , ma sapevamo che prima o poi un artista come lui sarebbe stato riconosciuto a questo livello. La cosa bella è che tutto è partito dall’estero: Frosio è stato definito “cittadino del mondo” ed è stata proprio la sua attività internazionale a farlo arrivare fino a Sgarbi e a Venezia. Le segnalazioni sono giunte da tutte le ambasciate e dalle istituzioni culturali dei Paesi in cui Angelo ha lavorato». Nel lungo viaggio di avvicinamento verso la Biennale vanno ricordate due tappe significative, tra il 1978 e il 1979: la scelta di don Luciano Quartieri di inaugurare il Museo di arte sacra di Lodi con una personale dedicata a Frosio e l’incontro tra gli allievi della Bergognone con Peggy Guggenheim nella casa-museo di Palazzo Venier-Leoni a Venezia. Due eventi che rappresentarono una sorta di viatico estetico e spirituale, segnando l’inizio del cambiamento: dall’espressività personale dell’artista ai Folligeniali. «Il vero significato dell’arte da sempre è la comunicazione - continua Vecellio -. La differenza tra un artista e un pittore è il messaggio, il progetto, la missione. Solo con il sacrificio e la dedizione totale, al servizio dell’umanità, il messaggio riesce a superare le barriere, i limiti, i pregiudizi. Se poi a prendere la forma del nostro prossimo sono persone in difficoltà, ecco che si spiegano i Folligeniali. L’arte, dice Frosio, non si insegna, si vive. La cosa più interessante dell’esperienza della Scuola è che ogni persona può trovare un significato diverso e farlo proprio in piena libertà. Per esempio il vescovo di Lodi, durante la sua recente visita al Museo, è rimasto molto colpito dalla preghiera dell’artista, che sarà uno dei temi che Frosio proporrà nella Biennale insieme alla comunione dell’artista con tutta l’umanità». Come verrà valorizzata la partecipazione di Frosio alla Biennale? «Credo che l’esperienza della Bergognone sia una vera e propria “miniera”, ancora ampiamente non sfruttata, di idee e di intuizioni geniali, anzi folligeniali. E tutto questo grazie all’attività di un solo uomo, Angelo Frosio, che di mestiere fa il tecnico lattiero-caseario e viene chiamato a tenere lezioni in tutto il mondo. Ogni volta, quando lo seguo nelle sue trasferte, rimango colpito dalla sua capacità di coinvolgere tante persone in progetti senza finalità di guadagno: questo credo sia il messaggio più bello che un artista possa dare al mondo e sono felice che Sgarbi lo abbia voluto riconoscere e amplificare, portando Angelo e i Folligeniali sul palcoscenico planetario della Biennale».

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