Fragile, il “cacciatore di talenti”: «La bella voce? Oggi non basta»

«Il livello dei giovani è cresciuto, ma musicalmente l’Italia è un Paese distrutto. Anche mia figlia cantae le dico: combatti e sii pronta a morire di fame»

Un cacciatore di talenti. Fuori e dentro dal piccolo schermo, su e giù per il confine, ormai risicato all’osso, tra realtà e agorà virtuale, dove i “like” e le visualizzazioni ai video contano quanto il giudizio di un esperto in materia. Dinamiche che per Nicolò Fragile, musicista internazionale, lodigiano d’adozione, tra i nomi più importanti della produzione discografica in Italia, sono il pane quotidiano. Dall’inizio di marzo, ogni mercoledì sera, attraversa via Mecenate per raggiungere gli studi Rai dalla suo nuovo maxi studio di registrazione. E si confronta con il talento di chi cerca di sfondare nella musica a The Voice of Italy, nelle squadre di Noemi, Piero Pelù, J-Ax e Facchinetti padre e figlio. In passato, però, è stato vocal coach insieme a Mara Maionchi a X-Factor e, dalla prima edizione a oggi, coordina e cure le produzioni dei brani inediti dei concorrenti di Amici di Maria De Filippi.

Nel suo multitaking quotidiano, e in più di 20 anni di carriera, ci sono poi i lavori con le cinque etichette discografiche, il suo essere “guest keybarder” per la band svizzera campione di vendite, I Gotthard, che ora ha lasciato, nonché le collaborazioni con i più grandi artisti italiani, da Mina a Ramazzotti, da Irene Grandi a Renato Zero e Vasco Rossi, fino a Gianluca Grignani, Mario Venuti e Celentano. Uno degli ultimi lavori di Fragile è quello con Deborah Iurato, vincitrice dell’ultima edizione di Amici di Maria De Filippi, di cui ha prodotto l’album Libere con Mario Lavezzi. Il produttore ci ha incontrato in occasione di un evento dell’Accademia lodigiana di musica Shining Star, di cui è coordinatore.

Cosa fa precisamente a “The Voice”?

«Mi occupo della direzione artistica per la produzione degli inediti, quello che faccio anche con Amici e con X Factor. Insieme ad altre persone della casa discografica cerchiamo di selezionare i brani giusti da affidare ai cantanti e ai finalisti, in base ai loro requisiti canori e di background musicale, devo essere presente ad ogni puntata. E i talenti non mancano nel panorama italiano».

Cosa manca, allora?

«C’è poca attenzione alla musica, alla sola musica».L’esplosione dei talent ha contribuito a formare un pubblico diverso e più consapevole di quel che c’è dietro la produzione musicale?

«C’è stato un cambiamento, che ha semplificato il lavoro delle case discografiche perché con i talent non devono più fare promozione per rendere famoso un artista. Secondo me, però, quella dei talent è una parentesi. Da un lato, mi auguro che duri molti e dall’altro che finisca presto. Perché sono un po’ nostalgico e perché spesso diventano famose persone che musicalmente non hanno lo stesso appeal che mostrano in video. Oggi non basta una bella voce per fare musica, devi anche trovarti un personaggio».

I ragazzi oggi arrivano più preparati?

«Il livello è molto più alto rispetto a 20 anni fa, ma forse si è abbassato il livello di capisce di musica e di chi l’ascolta. Ci stiamo abituando ad ascoltare musica un po’ troppo pop. Negli anni Ottanta, la cultura della musica italiana era molto alta: oggi ci troviamo artisti che fanno belle canzoni, che scrivono bei testi, ma finisce lì. I geni ci sono, ma fanno un po’ fatica a uscire dai talent. Difficilmente ci troveremo un De Andrè in un talent show ed è chiaro che, se questo è il prerequisito, rischiamo di perdercelo».

E Sanremo?

«Quest’anno mi è piaciuta particolarmente la conduzione e poi la canzone di Nek, che è tornato alla concentrazione di un tempo».

La canzone che le è piaciuta di più?

«Quello dello spot di Coconuda che ho fatto io. È di una ragazza fortissima che si chiama Claudia Megrè, che ho scoperto a The Voice. Sta scalando tutte le classifiche».

Che sono sempre più online, tra visualizzazioni You Tube, accessi su Spotify...

«Il cd ormai è un gadget, che andrà a sparire, non ha più senso la sua esistenza. Credo che il passaggio sarà molto simile a quello con il vinile, che però io ritengo ancora superiore in termini di qualità».

Come si sostiene la musica?

«Hai una domanda di riserva? Abbiamo grossi problemi in Italia, che è un Paese musicalmente distrutto perché le televisioni e la radio pagano agli artisti quote forfettarie che non ci permettono neanche di poter vivere. Ed è l’unico posto al mondo dove succede questa cosa. Un artista oggi non potrà mai diventare ricco con quello che riceve di Siae dalle radio e dalle tv, una volta sì. Adesso si sta in piedi solo con i concerti, una volta erano l’ultima ruota del carro. Stiamo girando con l’ultima ruota, se ci bucano anche quella, abbiamo finito di far musica tutti quanti».

Anche sua figlia Sofia canta. Si aspettava che prendesse questa strada e che consigli le dà?

«Sì, me l’aspettavo. E ho avuto i primi sentori quando Mina mi chiamava e mi diceva: Fragile, passami tua figlia. Stavano al telefono anche tre quarti d’ora e non saprò mai cosa si sono dette. Cerco di darle i migliori consigli e le dico: stringi i denti e i pugni e combatti, perché il mestiere più difficile del mondo è fare il musicista. Se vuoi fare qualcosa, devi anche essere pronto a morire di fame. Nel momento in cui fai questa scelta, forse ce la puoi fare. Perché ci sono due categorie di cantanti, quelli bravi che sanno cantare bene e cercano di cantare, e quelli bravi che sanno cantare bene e che si sentono già dei cantanti. Senti la differenza. La loro convinzione li può portare a vincere nella vita. Potrebbero anche non cantare bene, ma ci credono».

© RIPRODUZIONE RISERVATA