Fotografia e salute mentale al Caleidoscopio Fest

Mercoledì alle 17 nella sala Granata della Biblioteca Laudense l’incontro “Il corpo parla la nostra storia”

La terza giornata di Caleidoscopio Fest ha come focus “Il corpo parla la nostra storia”. Mercoledì alle ore 17 nella sala Granata della Biblioteca Laudense di Via Solferino 12, con introduzione di Fabio Francione, si parlerà di fotografia e salute mentale attraverso il libro, curato da Francesca Adamo, presente all’incontro, “La classe è morta” di Carla Cerati che riuscì con Gianni Berengo Gardin nel 1969 a documentare, in piena rivoluzione basagliana, la vita dei malati nei manicomi di Colorno, Ferrara, Gorizia e Firenze. E si lascerà spazio al racconto poetico con Fragili paesaggi. Dialoghi silenziosi nel disagio psichico di Marco Mancini. Quello che segue è un estratto dell’intervento di Fabio Francione.

In principio fu “Morire di classe”. Il libro, pubblicato dalla lungimiranza di Einaudi, con le fotografie di Carla Cerati e Gianni Berengo Gardin, con cui si riuscì ad avere una prima ricognizione per immagini della condizione manicomiale (questo era il sottotitolo o che aveva la cura Basaglia, marito e moglie), laddove giacevano (si dovrebbe dire invece soggiacevano) “i matti” in Italia. L’anno in cui uscì il libro fu un anno cruciale per l’Italia, per l’Europa e per il mondo. Era il 1969, l’anno in cui si data comunemente la Contestazione in Italia. Anche il Sessantotto da noi arrivò con un anno di ritardo. Tuttavia, il lavoro della Cerati e di Berengo Guardin era cominciato l’anno prima e a essere visitati dai due fotografi furono i manicomi di Colorno, Gorizia e Firenze. Con altri manicomi ebbero non poche difficoltà come è stato poi documentato tanto da non riuscire a portare a termine come volevano il libro. E, dunque, non va dimenticato che Colorno e Gorizia erano sotto l’influenza e la direzione di Franco Basaglia. L’apertura dei manicomi – attenzione e non la chiusura o come verrà chiamata dopo l’abolizione per legge e la loro trasformazione in centri di igiene mentale - arriva con lo psichiatra veneziano in un passaggio estremamente critico che vide incrociare la sua esperienza filosofica d’impronta fenomenologica con il teatro pirandelliano, l’universo concentrazionario di Primo Levi e la letteratura engagé di Sartre. Non ultimo un uso temperato e spregiudicato di alcune parole che divennero importante nel rivestire ruoli e indirizzi guida per la riforma che andava a diventare legge. Questo è il contesto in cui nacque la Legge 180 detta Basaglia, approvata in fretta e furia in un altro snodo drammatico della storia italiana. Lo stesso Basaglia ne rilevò le pecche. Purtroppo non fece in tempo ad apporre correttivi, sebbene in alcuni dei testi raccolti nelle “conferenze brasiliane” ci siano indicazioni in tal senso. La morte lo colse soltanto due anni dopo. Ma va ricordato che nel 2024 cadranno i 100 anni della sua nascita. Tornando alla drammaticità degli eventi che portarono all’approvazione della legge, la 180 ha la data del 13 maggio 1978, pochi giorni dopo il ritrovamento del corpo di Aldo Moro, assassinato dopo mesi di prigionia e agonia dalle Brigate Rosse. In questo lasso di tempo di poco meno di dieci anni si consuma la riforma manicomiale. Ovviamente, tra l’uscita di “Morire di classe” e la legge 180 vi sono un prima e un dopo di battaglie e, sopratutto, di sconfitte per la psichiatria italiana che in quegli anni, con pochissime altre, era all’avanguardia nella cura della malattia mentale. E non poco contribuirono a far conoscere la condizione del “matto” le immagini sia della Cerati, ora isolate in “La classe è morta” e integrate da altre foto allora non comprese nel libro originario, sia di Berengo Guardin che analogamente pubblicò le sue foto in “Manicomi. Psichiatria e antipsichiatria nelle immagini degli anni Settanta”. Si potrebbe dire che delle fotografie, semplicemente delle immagini, non come le altre, ma cariche di un forte messaggio politico e civile, riuscirono a cambiar la storia di moltissime persone e a far riguadagnare loro un’esistenza dignitosamente recuperata attraverso singoli gesti e fatti che cercavano di azzerare quelle diseguaglianze sociali e economiche tutt’ora spostate in altri corpi provenienti da altre latitudini e condizioni di vita.

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