“Fotografi archeologi” all’Archinti

Sabato al Museo Archinti di Lodi si è inaugurata la mostra Monumenti perduti salvaguardia e riscoperta di un patrimonio inesplorato. Il titolo esprime (ed espone) sintesi e contenuto di un progetto che ha coinvolto diversi creativi in un vernissage multimediale. Arianna Angeloni, Ambra Bechini, Emanuele Billi, Silvia Canevara, Matteo Cavalleri, Delia De Maio, Graziano Folata, Ambra Generati, Dritan Mardodaj, Paolo Ribolini, Sergio Rota e Andrea Rovera: tutti fotografi che hanno ricercato e documentato. attraverso il proprio metro stilistico, monumenti, affreschi e resti architettonici, dei quali rimangono tracce magnifiche e solo alcuni ricordano. Ciò grazie al lavoro svolto dal comitato scientifico, guidato dallo storico dell’arte Paola Fenini e artisti che hanno dato il loro contributo qualificante: Luca Armigero, Nico Galmozzi e Stefano Gerardi. Lo scorrere del “loop” sulle minimaliste pareti del museo Archinti rende onore al territorio lodigiano nel suo insieme. Senza dimenticare chi, questo territorio l’ha fatto conoscere nel mondo. A Emanuele Billi l’onere di fotografare gli amabili resti dell’arte ambientale firmata Giuliano Mauri, L’osservatorio per talpe, opera scultoria presentata già nel 1996 presso la Fondazione Mudima: un’anticipazione del lavoro che Mauri realizzerà poi a Lodi nell’area Tre cascine con l’intento di valorizzare un piccolo bosco e un’area incolta. L’inizio di un impegno ispirato alla coltivazione biologica, progetto di immersione all’interno dei cicli produttivi della natura: un intento che non abbandonò mai. Oggi ben poco rimane dei diecimila bastoni di castagno di sei metri di lunghezza e dai sei ai dieci centimetri di diametro. Legni, rami, frasche intrecciati tra loro a formare la tana di un animale nel bosco, un nido, un santuario e un rifugio: un inno alla natura che Billi ha cercato di ricatturare nell’inestricabile groviglio che la vegetazione nel tempo ha inglobato, rendendo manifesta la poetica del ritorno a uno stato di natura che Mauri ha lasciato nel suo testamento artistico, “La poetica della marcescenza”, senza la quale noi non torneremmo alla terra. La sintesi di questa mostra è racchiusa nell’incipit che apre il piccolo ma prezioso catalogo, nelle parole che la Fenini ben incastra in tale poetica: «Immagina il Lodigiano come una distesa d’acqua, campi coltivati e cascine, interrotta qua e là da castelli e abbazie, reminiscenze di rari villaggi e manciate di case che faticavano a riempiere le rovine degli insediamenti romani». Ingredienti della storia e della natura che Giuliano Mauri ha sempre utilizzato per esprimere la fede trascendente a un ritorno alla matrice di natura. A lui sarebbe piaciuto questo trionfo soverchiante, perché l’uomo è natura. E a lei tutto torna.

_________________________________________

Monumenti perduti, salvaguardia e riscoperta di un patrimonio inesploratoMostra fotografica, fino al 26 gennaio al Museo Ettore Archinti, viale Pavia, Lodi. Orari: dalle 17 alle 19, tutti i giorni. Ingresso libero.

© RIPRODUZIONE RISERVATA