FOTO ETICA Il festival sorride e pensa al futuro: «Tante nuove idee per crescere»

Il coordinatore della rassegna Alberto Prina si gode il successo della 14ª edizione e guarda alla prossima

Immagini che scuotono le coscienze, ma allo stesso tempo che abbelliscono, colorano e rendono più attrattiva la città. Perché a Lodi, per cinque settimane, «si è respirato fotografia» come spiega Alberto Prina, il coordinatore del Festival della fotografia etica che domenica ha chiuso i battenti. La 14esima edizione ha confermato la bontà del progetto, il più importante evento culturale del territorio e uno degli appuntamenti imprescindibili nell’ambito della “scrittura con la luce” a livello internazionale.

Il festival continua a riscuotere consensi: il suo giudizio sull’ultima edizione?

«Siamo contentissimi. Per l’entusiasmo che ha generato, è stata un’edizione da 10. Abbiamo presentato 20 mostre di altissimo spessore: in più, l’unione con il World press photo ha permesso di regalare ai visitatori un’esperienza diversa e più completa. Lodi è diventata davvero la casa della fotografia: il programma è stato impreziosito dall’intervento di Evgeniy Malotetka e degli altri fotografi. A proposito di Malotetka: la collaborazione con la Lira di Orfeo e dell’arpista Chiara Granata, domenica, ha reso ancora più emozionante la visita della mostra. La gente guardava le foto e ascoltava la musica».

Quest’anno il festival è uscito anche dalle sale espositive…

«L’esperimento di portare alcune fotografie sui muri della città ha riscosso un successo incredibile, soprattutto tra i giovani. Lo proporremo anche nelle prossime edizioni, sempre nel rispetto dell’urbanistica e dell’architettura. E poi la città era davvero colorata: nei bar, nei ristoranti, nei locali si sentiva la presenza del Festival. Anche lo spazio caffè ricavato a Palazzo Barni ha avuto successo».

Avete superato quota 20mila visitatori: gli anni bui della pandemia sono stati completamente archiviati?

«Drei di sì, siamo tornati alle cifre del 2019: quasi 19mila biglietti venduti, più diversi spettatori che hanno affollato le mostre gratuite. Anche sul fronte scuole abbiamo raggiunto dati ragguardevoli: le mostre sono state visitate da 4mila studenti. Bisogna crescere ancora: non sarà facile, ma ci sono tutti i presupposti per farlo».

Ottobre è stato ricchissimo di eventi. Bisognerebbe rivedere il calendario?

«Sicuramente. È bello che a Lodi ci siano tanti appuntamenti, ma bisognerebbe articolarli meglio. Per esempio: il raduno degli Alpini è stato un evento eccezionale, ma forse si poteva evitare di organizzarlo in concomitanza con il Festival. In primavera, invece, c’è quasi il vuoto: l’auspicio è che la città possa essere viva 12 mesi all’anno».

Il circuito Off si è confermato una vetrina di richiamo.

«Lo slogan “Ci vediamo a Lodi” è diventato realtà. Gli esercenti hanno capito che l’Off è una cosa buona per tutti. È cresciuto il numero di locali partecipanti, così come il numero dei fotografi che ormai arrivano da tutta Italia. Cercheremo di spingere sempre di più questo circuito».

Il festival è anche un modo per attivare collaborazioni tra le realtà culturali...

«Sì, per esempio con la Lira di Orfeo abbiamo organizzato l’evento alla mostra di Malotetka. E come la musica è entrata nella fotografia, ora vogliamo fare entrare la fotografia nella musica durante la Orfeo week (25 novembre-3 dicembre): porteremo una mostra, ancora da decidere, e promuoveremo l’evento attraverso la nostra newsletter».

Progetti per il futuro e sogni nel cassetto?

«Già la prossima settimana andrò in Comune per parlare dell’edizione 2024: il festival ha bisogno di una programmazione di quasi un anno. Nei giorni scorsi abbiamo vinto un bando ministeriale di 100mila euro che ci permetterà di realizzare tanti progetti con partner nazionali: le idee non ci mancano».

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