Festa di note in piazza della Vittoria

con il ritmo e i colori dei Balcani

In queste, che sono le giornate più lunghe dell’anno, alle nove il cielo è ancora chiaro: la platea di sedie blu disposte in piazza del Duomo davanti al palco preparato per il concerto è ancora semivuota; poi, mentre scende l’oscurità, comincia ad arrivare alla spicciolata il pubblico, quanto mai eterogeneo: qualcuno che passeggia rinfrescandosi con un gelato o un bicchiere di granita si ferma per curiosità; ci sono mamme e papà con bambini piccoli al seguito, anche in passeggino, alla ricerca di una boccata d’aria fresca; ci sono persone anziane che hanno letto la locandina di “Lodi al sole” e hanno deciso di vedere che cos’è questa misteriosa ”Babbutzi Orkestar” in programma in questa serata di venerdì. E all’improvviso eccoci tutti catapultati nel mezzo di un film di Emir Kusturica, al ritmo dell’energica musica balcanica proposta da questo gruppo di bravi e italianissimi musicisti, che “fingono” di venire dalla cultura nomade dell’Est dell’Europa.

Nata nell’estate del 2007 da un’idea del fisarmonicista Emiliano Bianchi con il supporto della voce baritonale di Gabriele (Lele “Fanfano Sabbaoth Tobacconist Gieipeg Jobinho”) Roccato, la band si è arricchita via via dell’apporto di altri ottimi musicisti: il virtuoso violista Matteo Del Soldà, la violinista Mariella Sanvito, Ivan Lo Giusto al basso, Bruno Saitta ai cimbali, e Ivan Padovani alla tromba, più le chitarre di Alberto Turra e Luca Butturini. Sette di loro erano in scena a Lodi sabato sera a proporre un’inarrestabile crescendo di folk balcanico recuperato filologicamente, ma anche reinterpretato in uno spiritoso grammelot serbo-russo-bulgaro (e chi più ne ha più ne metta), esteso anche agli interventi di saluto al pubblico, in un italiano fintamente stentato e sgrammaticato.

Sta di fatto che le musiche dei Babbutzi trascinano, eccome, e il pubblico di piazza della Vittoria è rimasto fino alla fine a farsi trasportare dalle atmosfere che profumano di kebab, di paella, di gyros e dalle note che sembrano uscite dagli strumenti di un’orchestrina di un lontano shtetl dell’estremo confine d’Europa. Il gruppo da tre anni svolge un’intensa attività di concerti nelle piazze di tutta l’Italia, dove ha partecipato a numerosi festival, coinvolgendo il pubblico nelle allegre sarabande in apparenza disordinate, ma in verità precise al millimetro della loro musica: il folk si mescola indissolubilmente con una componente jazzistica che esplode in tutta la sua energia nelle jam session, dove ogni strumento ha lo spazio per raccontare la sua storia in modo a volte poetico, a volte scanzonato. La band ha prodotto finora due dischi (il primo, del 2009, si intitola Babbutzi Orkestar, il secondo, dell’anno scorso, Baro Shero) reperibili tassativamente soltanto ai concerti.

Annalisa Degradi

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