Favole senza età “dentro il bosco”

È sbagliato raccontare le favole ai bambini per ingannarli, bisogna raccontarle ai grandi per consolarli… Chissà se il genio “scorretto” di Marcello Marchesi immaginava un futuro come questo, con i fratelli Grimm tornati in servizio permanente a Hollywood in una stagione che li ha riscoperti per tappare le falle di una generazione di autori in apnea creativa.

Tratto dal musical di Lapine e Sondheim del 1987 Into the woods è la chiusura ideale, la parola “fine” all’ultima pagina del libro che ovviamente inizia con un tranquillizzante «c’era una volta». In questo caso bisognerebbe dire «c’erano» perché tutti insieme sono riuniti in questa versione (che rispetta il testo del musical che ha trionfato a Broadway) Cenerentola, Cappuccetto Rosso, Raperonzolo e Jack e la pianta di fagioli. Tutti “into the woods”, dentro il bosco (metafora senza tempo) a sfidare ancora una volta l’ignoto. A legare le loro storie è quella di un fornaio e della moglie che nello stesso bosco si infilano per sfatare il sortilegio della strega che impedisce alla giovane sposa di avere figli. Principi, damigelle e lupi di nuovo al centro della scena, questa volta in forma “cantata”, in una versione che vuol riaffermare una volta di più l’attualità del messaggio delle fiabe classiche. Con più di una variante però.

A spingere tutti nel bosco, lo dice la canzone che apre il film, è il desiderio. Semplice e concreto. Poco spazio ai sogni e tutti i timori lasciati dietro le spalle per raggiungere uno scopo. Che sia l’incontro con la nonna di una voracissima Cappuccetto Rosso, in grado di mettere in difficoltà il Lupo al primo incontro, o la voglia di paternità del fornaio. Il desiderio muove le azioni di tutti i personaggi che via via diventeranno protagonisti di incroci anche poco “politicamente corretti” (in particolare una volta entrati in scena i sentimenti…).

La versione diretta Rob Marshall è carica di humour nero e di varianti sul tema imparato quando eravamo bambini. Porta lo spettatore “dentro il bosco” in un clima solo apparentemente giocoso per accompagnarlo in quel cammino di trasformazione che proprio la metafora del luogo simboleggia. E se la prima parte ancora lascia intatti i collegamenti con le antiche fantasie, nella seconda non sono poche le sorprese che fanno vacillare l’assunto classico del «vissero tutti felici e contenti».

Ad arricchire il racconto le canzoni che già avevano fatto la fortuna del testo a Broadway mentre il “contenuto” e la morale di tutte le singole storie sbilanciano nel finale il peso verso un pubblico adulto, a cui le stesse vicende sono chiaramente indirizzate. La favola più grande alla fine resta quella della vita, l’avventura più complessa di tutte, anche quando sono principesse e streghe a doverla affrontare.

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