Fabbri: «Vi racconto il “Faraone”»

Il finanziere-scrittore amante di sport ha tracciato un ritratto a tutto tondo del giovane attaccante rossonero

emiliano fabbri

El Shaarawy, faraone rossonero

Edizioni Ultra Sport, Milano 2013

pp .192 14,90 euro

Il bello di un viaggio non è la meta, ma il percorso per raggiungerla. E questa è la storia di un viaggio ancora in divenire eppure già molto affascinante che affonda le radici in Egitto e che è proseguito poi in Italia, tra Genova, la porta del Mediterraneo, e Milano, crocevia per l’Europa. Al centro della vicenda c’è un ragazzo appena 21enne, il “Faraone” Stephan El Shaarawy, entrato nel cuore di milioni di tifosi milanisti non solo per il suo innato talento calcistico, ma anche

per quell’aria da bravo figliolo nascosta sotto una cresta che ha dettato la moda tra coetanei di mezza Italia. Un’immagine che Emiliano Fabbri, ciociaro d’origine ma da anni lodigiano d’adozione, ha sviscerato nelle sue mille sfaccettature nelle pagine di El Shaarawy - Faraone rossonero, libro appena pubblicato nella nuova collana di Ultra Sport.

Non è la prima volta che Fabbri, maresciallo capo della Finanza ma anche direttore sportivo del Fanfulla, si cimenta con la letteratura sportiva: oltre a far parte di “Em Bycicleta”, il presidio di fabulazione sportiva, ha all’attivo già altri due volumi dedicati ad altrettanti eroi dell’Inter mourinhana, Wesley Sneijder (Il falco di Utrecht) ed Esteban Cambiasso (L’equilibrista). Questa volta gli è toccato in sorte un pupillo dell’altra sponda del Naviglio, un giocatore ancora acerbo, anagraficamente e calcisticamente, ma che rappresenta un ottimo punto di partenza per raccontare una vicenda molto più ampia e complessa. «Ho utilizzato El Shaarawy come spunto per scrivere di tanti argomenti - racconta Fabbri -: ciò che rappresenta per la sua generazione, la società che cambia, il parallelismo con Mario Balotelli. Parlo anche dell’Egitto e delle sue origini, di integrazione e di tutti gli El Shaarawy d’Italia, persone che non mi piace chiamare nuovi italiani ma semplicemente italiani».

Dunque una storia che partendo da un pallone che rotola abbraccia argomenti di strettissima attualità: «Mia suocera ha origini egiziane: è stato questo il motivo principale per cui ho accettato di scrivere questo libro. Tra l’altro, proprio mentre all’opera, lo scorso agosto, lei si trovava in Egitto, in un momento caldissimo per il Paese».

Dalle Piramidi è partita infatti la storia del giovane Stephan, nato a Savona da padre egiziano e madre italiana. «I suoi genitori sono entrambi laureati. El Shaarawy è cresciuto in una famiglia che l’ha sempre sostenuto e che gli ha inculcato valori importanti. Dimostra molto più dei suoi 21 anni, tiene sempre un atteggiamento impeccabile, mai una parola fuori posto».

Unico orpello, quella cresta che tanto piace alle nuove generazioni: «Ma Stephan è l’esatto contrario della sua immagine. È un ragazzo molto serio, anche se, ovviamente, è pur sempre un ragazzo. Caratterialmente è quasi l’opposto del suo quasi coetaneo Balotelli, anche se per tanti versi sono molto simili. Basta leggere i post che pubblicano sui vari social network: sono gli stessi dei giovani della loro età». Stephan e Mario, così lontani e così vicini, due simboli del Milan ma anche del nuovo corso della Nazionale italiana. «Questo libro è anche uno sprone per tutti quei bambini che giocano e che sognano di arrivare alla maglia azzurra. El Shaarawy ce l’ha fatta, grazie al suo talento, ma anche dopo tanti sacrifici». Fino ad arrivare nel suo Milan, la squadra per cui tifava da bambino, accanto al suo idolo Kakà.

Una storia che Fabbri racconta con intelligenza e sensibilità: dall’infanzia al passaggio al Genoa, dalla tappa a Padova fino all’approdo nel club più titolato al mondo. «Quando scrivo mi devo divertire, e in questo caso mi sono divertito. Qui al Fanfulla siamo tutti un po’ artisti: Pierpaolo Curti è l’allenatore- pittore, io sono il direttore sportivo-scrittore - scherza Fabbri -. Nuovi progetti? Tifo Roma e un giorno mi piacerebbe scrivere un libro sul mio vero idolo, Agostino Di Bartolomei».

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