Donne, amori, amicizia e tanti guai

Harry e Sally si inseguivano vaghi, mentre Rob Reiner dirigeva un piccolo gioiello e un trattatello sul tema che diventava contemporaneamente un micro saggio di come si scrive e si rinnova una commedia.

Ora torna Giovanni Veronesi a chiederselo: può esistere questa misteriosa cosa che è l’amicizia tra un uomo e una donna? Senza che questa cada nell’equivoco, nel malinteso, nell’amore non corrisposto? In Una donna per amica se lo chiedono Francesco e Claudia, o almeno sembra ci provino: lui (Fabio De Luigi) è un avvocato e consigliere comunale trapiantato al Sud (siamo in Salento, affacciati su un bellissimo mare blu profondo), lei (Laetitia Casta) è l’amica francese che piomba nella sua vita per scompaginargliela puntualmente e completamente. In apparenza non accorgendosi dell’attrazione che “l’amico” prova. Il film scritto dallo stesso Veronesi con Ugo Chiti (sceneggiatore, tra gli altri, per Nuti e anche per Garrone) ruota tutto attorno al quesito che metteva con le spalle al muro Harry e Sally e ora costringe Francesco e Claudia a fare salti mortali per non confessarsi a vicenda le proprie passioni o i rifiuti. Attorno a loro un pugno di “spalle” che funzionano bene, un coro composto da Virginia Raffaele (la più divertente) Valentina Lodovini, Valeria Solarino, Adriano Giannini e Monica Scattini che accompagna la storia dei protagonisti, contrappuntandola e sottolineando via via i diversi punti di vista e le situazioni che spesso diventano (o dovrebbero diventare) spunti comici.

Veronesi dopo il più ambizioso L’ultima ruota del carro esce con il secondo film nel giro di pochi mesi, con cui fa un passo indietro verso i “manuali d’amore” raccontando un Paese affacciato sul mare in cui anche i sentimenti sono complicati, se visti da una straniera, se vissuti da uomini piuttosto immaturi e irrisolti che fanno ancora fatica a rivelarsi e sembrano irrimediabilmente vittime di donne più belle che non possono avere (e spesso si lasciano sfuggire quelle altrettanto belle che non riescono a “vedere”). Giocando un po’ con i luoghi comuni (con il rischio di scivolarci), il regista va in cerca di una chiave leggera per parlare di sentimenti e per raccontare, in forma di commedia, una storia che è contemporanea ma che, appunto, non conosce né presente né passato. Occhieggiando un po’ troppo alle bellezze dei luoghi, condite dalle scenette in dialetto pugliese che creano l’equivoco con l’avvocato Francesco che non capisce la parlata, Veronesi però tiene il freno a mano tirato e non libera la risata, troppo preoccupato di dare la risposta al quesito iniziale e di mettere l’aggettivo “sofisticato” in cima ai titoli di testa della sua commedia. Lo aiuta Fabio De Luigi che replica la sua maschera riuscita di “ridicolo” imbranato già portata con successo al cinema e in televisione: gli spunti comici sono quasi tutti suoi (o in coppia con la Raffaele) ma sembrano anche molto personali. Così Francesco e Claudia non diventano mai Harry e Sally, piuttosto aggiungono la loro storia a uno dei tanti capitoli dei “manuali” di Veronesi. E allora bisogna rallegrarsi per altro, ad esempio una scrittura che è priva di volgarità e per un finale che riserva qualche sorpresa con un gusto dolceamaro.

PRIMA VISIONE Harry e Sally si inseguivano vaghi, mentre Rob Rainer dirigeva un piccolo gioiello e un trattatello sul tema che diventava contemporaneamente un micro saggio di come si scrive e si rinnova una commedia...

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