Cruise e la guerra senza domani

«Quante volte siamo stati qui?». Infinite è la risposta, maggiore Cage. Infinite volte si è riavvolto il nastro di questa giornata, infinite volte sei morto, per ricominciare.

Il maggiore Cage non è un eroe, non è nemmeno un soldato vero: è un ufficiale addetto alle pubbliche relazioni che si trova inviato in prima linea a combattere la guerra che il mondo sta affrontando contro creature misteriose e mostruose, i mimic, arrivati dal nulla e destinati a distruggere il genere umano. Un nemico che è come un visus e che si può sconfiggere solo dopo averlo studiato, «un avversario che conosce il futuro ed è quindi praticamente imbattibile». Paracadutato su una spiaggia in Normandia con i soldati di un corpo speciale il maggiore scoprirà presto che quella sua prima giornata da combattente sarà però “infinita”, destinata a ripetersi senza soluzione di continuità, con un risveglio dopo ogni morte.

Come in un videogame che riparte a ogni livello perso Cage deve ricominciare, cercando di raggiungere “l’uscita”, il passaggio conclusivo. Tratto da una “light novel” giapponese, il romanzo illustrato All You Need Is Kill, di Hiroshi Sakurazaka Edge of Tomorrow riesce a restituire sullo schermo la duplice anima da cui prende origine. Un testo “d’avventura”, unito a una parte più spettacolare che è affidata a sequenze d’azione che hanno un alto ritmo e soluzioni spesso originali. I riferimenti sono tanti: Looper e Source Code, oppure I guardiani del destino e Philip K. Dick, ma anche una commedia come Ricomincio da capo di Harold Ramis. Non è nuovo lo spunto quindi, ma è poco convenzionale lo svolgimento. Da una trama “classica” della nuova fantascienza deriva un’opera più complessa e meno schematica, che non si ferma al primo livello ma cerca di andare più in profondità. Attraverso personaggi come il maggiore Cage (Tom Cruise svuotato da ogni divismo), un codardo costretto a trasformarsi in eroe, che si allontana dallo stereotipo del genere. O il soldato Rita Vrataski che ribalta i ruoli e le prospettive (Emily Blunt in loop con ruoli analoghi).

Cos’è quindi questo giorno che immutato si riavvolge su se stesso se non la metafora di vite sempre uguali, che si ripetono in maniera meccanica e inconsapevole. Si innesta in una trama spettacolare e fantascientifica una riflessione che è in debito con Paul Bowles («Poichè non sappiamo quando moriremo, si è portati a credere che la vita sia un pozzo inesauribile…») e che allo stesso tempo non perde di intensità e non fa mancare l’adrenalina allo spettatore.

Merito di un regista versatile come Doug Liman, che ha diretto il primo film della saga di Bourne ma anche una piccola opera di “culto” come Swingers e che qui riesce a dosare spettacolo e azione, sfiorando anche la commedia. Lo aiutano i tanti riferimenti che si è scelto e a cui finisce per somigliare troppo in alcuni momenti ma che alla fine non lo frenano. Non è secondaria la chiave ironica che le storie conservano, così come non cadono nel banale le relazioni tra i singoli personaggi, impegnati nella loro missione a “migliorarsi” ad ogni livello successivo, per cercare di salvare se stessi e il prossimo. Il loro - ogni volta - è un risveglio apparentemente senza memoria del passato, che alterna la speranza alla delusione: cosa fareste se fosse il vostro ultimo giorno… sembrano suggerire allo spettatore che a tratti può quasi dimenticare le esplosioni, le armi e la lotta per salvare l’umanità e per concentrarsi solo sulla storia dell’antieroe Cage e del soldato Rita Vrataski, che si trovano da soli davanti alle stesse domande del replicante Roy Betty.

PRIMA VISIONE «Quante volte siamo stati qui?». Infinite è la risposta, maggiore Cage. Infinite volte si è riavvolto il nastro di questa giornata, infinite volte sei morto, per ricominciare...

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