Biondillo, un ritorno in noir

L’ispettore Ferraro is back: dopo alcuni libri di argomenti eterogenei (tra padri in crisi e pellegrinaggi a piedi lungo le tangenziali di Milano), Gianni Biondillo è tornato al poliziesco con I materiali del killer, il quarto romanzo di cui è protagonista l’ispettore di Quarto Oggiaro, uno dei personaggi più amati del panorama giallistico italiano. A Lodi martedì sera alla sala Rivolta per la rassegna di incontri con gli autori, Biondillo ha dapprima ironizzato sul fatto che ormai è un ospite abituale degli appuntamenti culturali lodigiani («voglio le chiavi della città», ha esordito scherzosamente), per soffermarsi poi su un aspetto più profondo che lo lega alla nostra città: a Lodi, infatti, è ambientata una parte del suo ultimo romanzo, che prende l’avvio proprio da una rocambolesca evasione dal carcere di Lodi, che mette in moto i diversi fili della trama. Ma non c’è solo Lodi, con il fascino delle sue atmosfere nebbiose («quella nebbia che a Milano da tanto tempo non c’è più»), e di quel ritmo «sonnolento come una casalinga in pantofole e bigodini che porta fuori la spazzatura di prima mattina»; nel romanzo Biondillo dice di aver voluto proporre un vero e proprio viaggio in Italia, sul modello del grand tour di moda nel Settecento: «Ma l’Italia di oggi vive sotto un cielo cupo, pesante sulle nostre teste, è un Paese devastato dall’abusivismo edilizio e anche dall’abusivismo morale: finora abbiamo vissuto in una specie di fiction, come all’interno di una bolla che ora è esplosa e ci ha fatto ritrovare sull’orlo di un baratro».

È un’immagine un po’ disperante di un paese visto con gli occhi di un personaggio che, come Ferraro, è nostalgico di un’Italia che non c’è più e consapevole che tutti gli aspetti della nostra vita hanno subito un cambiamento dal quale non si torna indietro. Rispondendo alle domande del giornalista Marco Ostoni, Biondillo si lascia andare e parla a ruota libera dei segreti della sua scrittura: uno dei banchi di prova più impegnativi, per lui, è costituito dai dialoghi: «È uno degli elementi a cui presto maggiore attenzione: è proprio attraverso dialoghi ben riusciti che i personaggi acquistano una terza dimensione, diventano persone vere: solo allora vivono, e cominciano a “camminare da soli”». E poi si sofferma sulla ricchezza stilistica, e persino tipografica della sua scrittura: l’autore ha usato corpi tipografici diversi per segnalare le diverse situazioni comunicative: il detto e il non detto nei dialoghi, il manoscritto del carcerato, la comunicazione via skype. «Un’elaborazione formale che riflette il mio gusto materico per il testo: le parole sono l’unico strumento che lo scrittore ha a disposizione per far entrare il mondo nella storia, e questo strumento va utilizzato anche “stressandolo”, giocando con i più diversi registri stilistici, dal lirismo allo stile greve della comunicazione carceraria». Infine, un’anteprima sul prossimo libro al quale sta lavorando: sarà una raccolta di racconti che uscirà in primavera: «Storie strane - anticipa Biondillo – di generi diversi, ma che, come sempre perché un libro possa considerarsi riuscito, devono lasciare un segno, come un graffio nell’anima di chi legge».

© RIPRODUZIONE RISERVATA