Beppe Novello, disegni umoristici a Milano

I disegni umoristici di Beppe Novello (Codogno 1897-1988), sono in mostra fino al 9 aprile alla Galleria Ponte Rosso di Milano, in via Brera, presentati da Gian Antonio Stella: un piacevole, rallegrante “ritorno” reso possibile dai Consonni, galleristi “omofoni” avrebbe detto l’indimenticabile signor Orlando (Consonni), editore,o gallerista e grande amico dell’artista lodigiano. In questi anni di depressive paludi, la Ponte Rosso ha saputo tenere aperta l’attenzione verso un artista di esemplare bravura, estrema finezza e di sano ridanciano gusto che non spense neppure sul letto di morte, avvenuta nella sua Codogno quasi tre decenni fa. Speriamo che il tempo che manca all’anniversario venga utilizzato dalle istituzioni lodigiane per rendergli l’omaggio che si merita, salvando la sua memoria d’artista dalle ripulse del tempo.

Di Beppe Novello si è detto e scritto parecchio questi anni che resta poco o nulla da dire se non di ripetersi. Con Guareschi, Mosca, Campanile e Marchesi è stato un maestro dell’ars ridendi. Piaceva soprattutto ai signori di “buona famiglia” da lui messi continuamente alla berlina in modo bonario e indulgente, mai velenoso e sprezzante.

Lo conferma la mostra alla Galleria Ponte Rosso, che mette in luce fogli pubblicati e inediti in cui i tratti guizzanti e scherzosi della sua matita e della sua penna nascondono lo spessore e la “marca” della sua cultura, la filologia e l’etica che sorreggeva la sua attività d’artista.

Nell’humour di Novello la borghesia milanese “leggeva” se stessa: rari sono i richiami popolari o popolareschi. La società civile, che allora non si chiamava così ma ne anticipava i “modelli”, sorrideva della sua arte che metteva in scena l’inebriarsi della “società bene” in imprese d’ evasione, l’esibire una cultura precaria ed effimera, le contraddizioni degli uomini, i costumi conviviali, l’impigliarsi nelle goffaggini, l’ ottimismo del disimpegno.

Tutto schiettamente ripreso da Novello con alto virtuosismo, in modo sostanzialmente indulgente, a volte cedendo a una sorta di intimismo. Nelle sue vignette, grossolanità, inettitudini e meschinerie sono in prevalenza occasioni per battute spiritose, per liberare un guizzo artistico in modo scherzoso e caricaturale da scandagliare (interpretare) caratteri umani individuali e di gruppo o sociali.

Il codognese non fu solo un disegnatore vignettista. I suoi disegni sono parte integrante della sua arte figurale. Sono da considerare all’interno del suo discorso e della sua biografia. Dagli anni Trenta si fece apprezzare periodicamente alla Permanente e alla Biennale di Venezia. Affrontò come volontario e alpino l’esperienza tragica della guerra All’inizio degli anni Settanta contribuì al riordino del lascito Lamberti, donando alcuni suoi quadri, oltre a numerose tele di famiglia.

Dal 1973 fu presente con regolarità alla galleria Renzo Cortina in piazza Cavour a Milano: e nel 1978, in occasione dei 200 anni della Scala, La Ponte Rosso pubblicò Coda al loggione un intervento di Nino Rota. Nel 1984 il Comune di Milano gli conferì la benemerenza cittadina e cinque anni dopo Palazzo Isimbardi ospitò una sua antologica curata da Giuseppe De Carli e Raffaele De Grada, cui seguì per iniziativa della Scala e della Galleria Ponte Rosso un allestimento di disegni umoristici nelle sale della Biblioteca. Al compimento dei novant’anni uscì Cartoline lametta, una scelta tra quelle inviate nel corso degli anni, a parenti e amici. Le esilaranti tavole che la Ponte Rosso presenta ora in via Brera fino al 9 aprile sono un autentico magistero di intelligenza e abilità ed esuberanza inventiva, lontano da tanta comicità strumentale e cinica che i media diffondono oggi in eccedenza.

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