A Lodi nel 1994 il tour della svolta in cui Jovanotti diventò Lorenzo

GRANDI CONCERTI: Al “PalaCastellotti” oltre duemila spettatori per il cantante in una serata di primavera di 26 anni fa

Non era ancora il “guru” del pop, il santone-predicatore adorato e osteggiato al tempo stesso, né tanto meno il cantante capace di riempire gli stadi e le spiagge della Penisola; ma non era più (soltanto) il rapper con il cappellino al contrario, quello dei tormentoni facili, furbi e pure un poco pacchiani in stile “Gimme five” o “La mia moto”. Il 1994 segnò infatti la vera svolta artistica di Lorenzo Cherubini in arte Jovanotti: il sesto album in studio, intitolato semplicemente “Lorenzo 1994”, consacrò definitivamente l’ex dj di Cortona nel firmamento musicale italiano. Sull’onda lunga del successo (il disco conteneva singoli fortunatissimi tra cui “Piove”, “Serenata rap”, “Penso positivo”, “Io ti cercherò”), il 28 aprile di quell’anno Jovanotti si presentò a Lodi sul palco del “PalaCastellotti”, entrato all’epoca nel grande circuito dei concerti.

Il “tempio” dell’hockey non registrò il tutto esaurito come nelle previsioni (Jovanotti arrivava da diverse tappe “sold out” anche in piazze importanti come Milano e Roma), ma oltre duemila spettatori, in gran parte giovanissimi, si assieparono tra spalti e pista per assistere a un’esibizione a suo modo storica per la nostra città. Due ore e mezza di musica, uno show travolgente nel consueto stile “Jova”: «Salta, balla, canta, si agita – si legge nella cronaca del “Cittadino” dell’epoca, firmata da Lucio D’Auria -, sempre in simbiosi con il pubblico e con la band che lo accompagna e che riesce a trasformare in musica l’energia dell’artista».

Una scaletta “elettrica”, aperta dalle note di “Attaccami la spina” e chiusa con la doppietta “Ragazzo fortunato”-“Non m’annoio”, che mandò in estasi i tanti fan che già pendevano dalle sue labbra. Fu infatti quel tour a dare a Lorenzo (gli appassionati lo chiamano così, semplicemente usando il suo nome di battesimo) un’altra aura, lontana dalle apparizioni scanzonate (e pure un po’ comiche) degli esordi, e la consapevolezza che le sue canzoni potessero diventare davvero un veicolo importante per parlare di temi sociali e politici. «Non è facile usare le parole da un palco senza dare l’impressione di voler arringare la folla – scriveva sempre Il Cittadino -. Jovanotti sta imparando a farlo nel migliore dei modi e i risultati gli danno ormai ragione. Senza inventarsi mai nulla di trascendentale, con il chiaro intendo di essere il più chiaro e diretto possibile, il rapper ha acquisito una consapevolezza e uno spessore che non gli possono essere negati». Il resto è storia: altri album di successo, i tour negli stadi, i messaggi ambientalisti e pacifisti, i “Jova Beach party” (con relative polemiche) dell’estate 2019. Un “romanzo” non difficile da prevedere per chi vide lo show al “PalaCastellotti”: il Lorenzo del futuro passò anche da Lodi in una fresca serata di primavera di 26 anni fa.

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