A Lodi Cinzia Munari “colora” le emozioni

Cinzia Munari, è un’artista lodigiana, alla quale Luciano Giuseppe Volino attribuì, in una delle sue primissime uscite, «il ritmo di un processo informale», e la forza di un «crescendo energetico». Colse giusto, tant è che dopo un primo periodo artistico a Milano, trasferitasi a Noceto di Parma - dove svolge l’attività di grafica pubblicitaria, interior e set designer, e si occupa di marketing e comunicazione - ha continuato e approfondito la pratica informale, legandovi prove di petite sensation, di intimità espressiva e autoemotiva, che la distinguono dalla esperienza informale storica - materica, gestuale, segnica - connessa a una concezione esistenzialistica. La mostra ci dirà anche di più attorno alla presenza nella sua pittura di una matrice “astratta”, esplicitata in molti titoli di sue opere, in cui la funzione espressiva e simbolica sembra posta nel segno dell’emotività.Posizioni che, per altro aspetto, appartengono al dibattito di mezzo secolo fa, e permettono però di misurare i confini e l’incidenza relativi al valore “tranquillizzante” della sua esperienza. L’essersi posta sotto il segno di Bruno Munari (nome impegnativo, ma senza vincoli parentali) le offre il destro (la frase) di utilizzarlo contro preventive osservazioni: «Quando qualcuno dice “Lo so fare anch’io” vuol dire che lo sa rifare, altrimenti lo avrebbe fatto prima». L’artista mette così un confine che non vuole essere solo di base operativa, ma di esclusione e riconoscimento senza tremare della propria posizione. Cosa significa per la pittrice «mettersi i guanti di lattice e intingere le mani nei barattoli di colore»? Lo dice lei stessa: «Dipingere per me è scaricare tensioni, sentimenti, qualcosa che non riesco a dire...». Di qui discendono quasi per deduzione i connotati più evidenti dei suoi dipinti, in primo luogo la presenza della pasta pittorica che induce molti a supporre che tutto avvenga “come se”. E cioè la materia sia eloquente per sé, a prescindere da ogni referenzialità. Mentre occorre distinguere la materia intenzionata, idealmente figurata, dalla materia che appare tale fisicamente, come presenza attuale. Nel caso della Munari è poi senz’altro da prendere per buona l’osservazione di Manuela Bartolotti : «Il bello di questa pittura informale è di non essere frenata da un ermetismo concettuale e di arrivare all’immaginazione di chiunque con sollecitazioni proprie della poesia».Citare le eventuali, possibili “contaminazioni” (Tapié, Fautrier, Wolf, Riopelle, Tobey, Pollock, Capogrossi, Dova, Burri, De Kooning, Hartung, Tancrdi, Vedova, Soulange, eccetera) può essere solo un esercizio simpatico di sottolineatura, non certo di relazione. La ricognizione è comunque demandata alla mostra, sia per gli aspetti di “area problematica”, sia per quelli di richiamo o riproposizione iconica, sia di possibilità di espressione.

Cinzia Munari - Solo show.Mostra personale alla Fondazione Bipielle Arte in via Polenghi Lombardo 2, Lodi; inaugurazione venerdì 16 gennaio alle 16, aperta al pubblico fino all’8 febbraio

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