5 - Il punto di vista

Sono tre i punti di vista per narrare: la prima persona singolare, la terza singolare, il narratore universale

Vi sono diversi punti di vista secondo cui uno scrittore può descrivere una vicenda, ma i più comuni (e quelli di maggiore efficacia) sono tre:

1. Prima persona singolare, 2. Terza persona singolare, 3. Narratore universale

La prima persona singolare consente al lettore di immedesimarsi più a fondo nel racconto identificandosi con il protagonista, o comunque con la voce narrante. Ecco un esempio di un brano scritto in prima persona singolare:

Volevo vederlo al lavoro su quel ferrovecchio, perché sapevo che le sue mani erano in grado di aggiustare qualunque cosa.

La terza persona singolare è la forma più diffusa, poiché consente all’autore di aggirarsi con maggiore agilità all’interno dell’opera, prendendo diversi personaggi e portandoli di volta in volta in primo piano o facendoli ruotare intorno alla figura del protagonista.

Voleva vederlo al lavoro su quel ferrovecchio, perché sapeva che le sue mani erano in grado di aggiustare qualunque cosa.

Infine il narratore universale, dove punto di vista e autore sono una cosa sola, una sorta di deus ex machina che governa la materia della narrazione ed è disgiunto dalle azioni e dalla sorte dei personaggi. In questo modo è possibile esprimere pareri che riguardano più personaggi, e descrivere azioni o avvenimenti che gli stessi personaggi ignorano.

Voleva vederlo al lavoro su quel ferrovecchio su cui aveva già messo le mani in passato senza che lui ne sapesse niente, perché era convinto che le sue mani fossero in grado di aggiustare qualunque cosa.

Ma il punto di vista ha una funzione essenziale anche per quanto riguarda i riferimenti geografici all’interno del testo. Uno degli errori più comuni degli esordienti è di iniziare un brano utilizzando il punto di vista di un personaggio (in cui il lettore si identifica) e poi, di punto in bianco, cambiare prospettiva e riferirlo a un altro. Prendiamo per esempio un brano scritto per l’occasione:

Il commissario Siniscalchi gettò sulla scrivania la pratica sull’omicidio Gualdi e si passò una mano sugli occhi. Era stanco, stava lavorando troppo e questo non serviva certo a rendergli la mente lucida.

Il lettore, leggendo, si identifica nel commissario Siniscalchi, “vede” e “sente” attraverso i suoi occhi, le sue orecchie e le sue sensazioni. Ora proviamo a far entrare in scena un secondo personaggio.

Bussarono alla porta, e Siniscalchi sbuffò contrariato.

– Avanti – disse, lasciandosi andare all’indietro sulla sedia.

La porta si aprì e un giovane agente entrò, con un fascio di documenti sottobraccio. Non indossava l’uniforme, ma nonostante questo salutò militarmente.

– Che c’è, Ambrosi? – chiese Siniscalchi.

L’agente mostrò il plico. – Altri documenti sul caso Esposti.

– Okay – sospirò Siniscalchi. – Mettili lì. Sopra gli altri. Forse riuscirò a dargli un’occhiata, l’anno prossimo.

Anche in questo caso il punto di vista è strettamente legato al commissario Siniscalchi. È attraverso di lui che il lettore vede e sente parlare l’agente Ambrosi.Ma ecco uno degli errori tipici in cui incorrono spesso gli esordienti. Riprendiamo il brano della scheda precedente e proseguiamo, senza stacchi o interruzioni, cambiando all’improvviso il punto di vista, disorientando completamente il lettore.

Bussarono alla porta, e Siniscalchi sbuffò contrariato.

– Avanti – disse, lasciandosi andare all’indietro sulla sedia.

La porta si aprì e un giovane agente entrò, con un fascio di documenti sottobraccio. Non indossava l’uniforme, ma nonostante questo salutò militarmente.

– Che c’è, Ambrosi? – chiese Siniscalchi.

L’agente mostrò il plico. – Altri documenti sul caso Esposti.

– Okay – sospirò Siniscalchi. – Mettili lì. Sopra gli altri. Forse riuscirò a dargli un’occhiata, l’anno prossimo.

Ambrosi appoggiò la cartelletta sulla scrivania con una smorfia.

«Che diavolo gli starà passando per la testa?» pensò guardando il suo superiore. E se ne andò.

Se il lettore sta leggendo tutto di seguito, è ancora immedesimato in Siniscalchi, prima di arrivare all’ultima riga, e quando si trova davanti alla parola “pensò”, la riferisce al commissario, mentre lo scrittore, sbagliando, l’ha messa in testa all’agente Ambrosi. Per non pensare di quel “E se ne andò”. C’è stato un salto nel punto di vista, che oltre a essere scorretto sintatticamente rovina il ritmo e il senso della lettura.

C’è solo una possibilità, quando si decide di passare dal punto di vista di un personaggio a un altro, magari anche con un ritmo incalzante: staccare nettamente ogni paragrafo dall’altro, e mettere subito in chiaro, paragrafo per paragrafo, qual è il personaggio a cui abbiamo deciso di affidare il punto di vista sulla situazione in corso:

Il commissario Siniscalchi gettò sulla scrivania la pratica sull’omicidio Gualdi e si passò una mano sugli occhi. Era stanco, stava lavorando troppo e questo non serviva certo a rendergli la mente lucida. Bussarono alla porta, e Siniscalchi sbuffò contrariato.

– Avanti – disse, lasciandosi andare all’indietro sulla sedia.

Dietro la porta, l’agente Ambrosi si morse un labbro. Siniscalchi aveva la solita voce di quanto era stanco e irritabile, e a lui non piaceva affrontarlo.

Quando la porta si aprì e un giovane agente entrò, con un fascio di documenti sottobraccio, Siniscalchi ruotò gli occhi al soffitto.

– Che c’è, Ambrosi? – chiese irritato.

Il giovane agente mostrò il plico. – Altri documenti sul caso Esposti.

– Okay – sospirò Siniscalchi. – Mettili lì. Sopra gli altri. Forse riuscirò a dargli un’occhiata, l’anno prossimo.

Ambrosi appoggiò la cartelletta sulla scrivania, osservando con sguardo critico il suo superiore.

“Che diavolo gli starà passando per la testa?” pensò. E se ne andò.

Ora è chiaro chi è che pensa, chi entra e chi se ne va. C’è stato un continuo salto di punto di vista da Siniscalchi ad Ambrosi, ma gli spazi che separano i paragrafi danno un percorso preciso di lettura che non porta confusione.

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