Tempo di crisi? Riecco il carbone

La notizia è fugacemente apparsa e rapidamente scomparsa, senza commenti. A Grevenbroich, nei pressi di Colonia, è stata inaugurata la più grande centrale a carbone del mondo, in grado di produrre energia elettrica per due milioni e mezzo di famiglie.L’impianto, costato 2,6 miliardi di euro, è dotato dei più moderni sistemi di captazione e controllo degli inquinanti che, raccordati con tecnologie avanzate per incrementare il rendimento, abbatteranno la liberazione di gas serra nell’aria di oltre 6 milioni di tonnellate all’anno, a parità di kvattora prodotti con i combustibili fossili.La regione che ospita questo gigante dell’elettrogenerazione è il NordReno-Wesfalia governato da Annalore Kraft, a capo di una coalizione di socialisti e verdi. Non v’è, perciò alcun motivo di credere che l’insediamento non abbia ricevuto un convinto avallo politico insieme a quello popolare.L’opzione del carbone costituisce un esempio di sagacia ed equilibrio nelle scelte strategiche della Germania: una grande, modernissima centrale a carbone si aggiunge ai complessi numerosi e significativi di eolico e fotovoltaico, inserendosi giudiziosamente nella definitiva rinuncia tedesca al nucleare e nella logica di una riconversione epocale. Mentre i connazionali di Angela Merkel attuano con impegno e serietà il programma 20-20-20 verso il risparmio energetico, la crescita delle “rinnovabili”, la riduzione degli inquinanti in atmosfera, gli italiani danno fuoco alle discariche.Non vi sono riserve nel nostro giudizio: quel Paese al centro del Vecchio Continente, si conferma guida sicura per l’intera Comunità Europea perchè, mentre difende con forza e coerenza la propria leadership in materia economica e sociale, punta decisamente ad investimenti tesi al futuro, allo sviluppo e al progresso, armonicamente coniugati con la necessità più volte invocata, ma continuamente disattesa, di dare una svolta incisiva alla gravissima minaccia dei cambiamenti climatici. Tale opzione, inderogabile ed urgente, viene inequivocabilmente segnalata da molteplici indicatori.Sette ondate di calore, da Scipione a Lucifero, hanno arroventato l’estate non solo italiana ed inaridito i campi di mais e colza. Centinaia di incendi, parecchi accesi dall’ottusa imbecillità dei piromani, hanno devastato la vegetazione spontanea della macchia mediterranea, anche in Francia e in Spagna. Nel 2010 i moscoviti hanno rischiato il soffocamento perchè la metropoli russa era rimasta invasa dai fumi di colossali combustioni attorno alla città. Milioni di metri cubi di banchisa artica si sono fusi come sorbetti al sole. Il ghiacciaio alpino Tete Rousse sul versante francese del Monte Bianco, si è aperto come una scatola di sardine. Sulla rivista scientifica “Proceedings of the National Academy of Sciences” un gruppo di autorevolissimi scienziati ha pubblicato l’ennesimo studio sugli incrementi termici terrestri, confrontando i valori delle temperature degli ultimi trent’anni con quelli del periodo 1950-80. E’ del tutto normale, dicono quasi unanimemente i climatologi, che in estate faccia caldo o che d’inverno arrivino le piogge. Sono gli eventi estremi, ascrivibili alla mutante composizione della coltre atmosferica, a costituire anomalia, come i 43° ripetutamente registrati nelle ultime settimane e le disastrose alluvioni autunnali che sconquassano il territorio e stroncano le vite di animali innocenti e di uomini, più o meno direttamente, colpevoli. Eppure nelle periodiche “assise” mondiali, ormai ignorate dai media, di questo immane problema si continua a parlare, prevedere, proporre, ma sono voci sempre più flebili che non sembra raggiungano più gli apparati uditivi di governanti e potentati economici, troppo impegnati nel far conti di corto respiro.La storia del genere umano, specie quella recente, è stracolma di eventi drammatici che hanno generato tragedie e distruzioni. Alla loro conclusione i sopravvissuti si sono riuniti ed hanno proclamato l’adozione di nuovi comportamenti e regole più giuste, quasi immediatamente violati.Se non altro, nelle intenzioni, si sono resi disponibili, dopo la tempesta, spazi nelle coscienze per i ravvedimenti, almeno all’inizio sinceri, e per i rimedi, almeno sulla carta, efficaci.Oggi, con rinnovata veemenza, riecheggiano, in qualche parte, nel mondo, messaggi e minacce di morte nucleare e la comunità internazionale si adopera per sanzionare e tenere sotto controllo questi accessi di follia.Potrebbe però accadere che alla paventata ma sottovalutata, crisi ambientale planetaria, concorressero non solo i dittatori prepotenti o i maniaci dell’uranio arricchito, ma tutti gli uomini che “contano”, non certo i bambini della Cote d’Ivoir che muoiono per la dissenteria e l’amebiasi. Avranno in quel momento, ancora efficacia gli interventi dell’ONU, della NATO, della FAO, del FMI, della S & P e di Ficht, oppure i fratelli si scanneranno per conquistare un posto sull’ultima nave spaziale in partenza per un altro luogo nell’universo?

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