Fermi tutti! I soldi che si recupereranno con la “spending review” - con il fare le pulci, cioè, alla colossale spesa dello Stato, non sempre produttiva, non sempre trasparente - devono finire nel posto giusto: nelle tasche degli italiani. Così s’era detto all’inizio con la nomina del commissario Carlo Cottarelli, che sta passando ai raggi X alcune centinaia di miliardi di euro di spese. Così, però, pare non essere più, visto che il governo Letta, con un colpo di mano dell’ultimo momento, vorrebbe destinare quei soldi “a programmi finalizzati al conseguimento di esigenze prioritarie di equità sociale e di impegni inderogabili”.Messa giù così, ogni destinazione sarà buona: dalla cassa integrazione all’estinzione dei debiti di qualche municipalizzata dei trasporti di una grande città, passando per le missioni dei militari italiani all’estero o per gli sgravi alle fonti energetiche. Hai voglia degli “impegni inderogabili” che lo Stato ha assunto in questi anni! Invece, i patti non erano quelli. La spesa recuperata andava destinata all’abbattimento del cuneo fiscale, insomma a dare un po’ di respiro ai contribuenti italiani, sia lavoratori sia datori di lavoro. Anche la fresca legge di stabilità ha provato in tutti i modi di aggiungere un’impostina di qua, di incrementare una tassuccia di là. Nonostante la protesta sociale sia ormai scesa nelle strade, e comunque il malumore sia così generalizzato da attraversare - per vari motivi - l’intera società italiana.Purtroppo la netta sensazione che si ha - pure all’estero - è che l’impalcatura dello Stato italiano sia fragilissima. Che un paio di miliardi di euro possano mandarci in crisi; che tutte le nostre dita siano impegnate a chiudere i buchi dei conti pubblici, impedendoci di cambiare alcunché. Perché nulla sta cambiando in un’impalcatura che scricchiola sinistramente.Non lo diciamo solo noi. Lo affermano a chiare lettere sia le agenzie di rating (brutte e cattive, ma che guardano al mondo intero e non solo ai nostri affari), sia la Bundesbank tedesca, quando affermano che le nostre banche e una compagnia assicurativa splendida come Generali sono a rischio perché... piene zeppe di titoli di Stato italiani. E se poi lo Stato italiano non li onorerà, quei Btp? Non è una domanda retorica, è la stessa posta per la Grecia; perché la percezione esterna è quella di un’Italia che ancor oggi passeggia sul bordo del baratro. E che fa poco o nulla per scostarvisi.Ma se l’architettura dell’impalcatura non viene sostanzialmente modificata, si deve dare la possibilità agli italiani di guadagnare qualcosa di più dallo stipendio e dalle attività lavorativa che esercitano (non le sciocchezze, i 10 -15 euro al mese previsti dalla legge di stabilità solo per alcuni lavoratori). Questo non solo per non finire in ginocchio, ma anche per riavviare quei consumi interni che continuano a crollare, e con essi aziende e posti di lavoro. Lasciare in tasca più soldi agli italiani avrebbe un’altra conseguenza positiva: obbligherebbe lo Stato a razionalizzare, a spendere meglio, a verificare i risultati della spesa, a non adagiarsi supinamente sull’andazzo attuale. A scuotersi vigorosamente, insomma.Messo a dieta, lo Stato potrebbe pure cambiare vestiti. Ma l’ennesima scelta volta a confermare lo status quo, conferma agli italiani che anche il 2014 sarà come il 2013. Raccoglieremo quel che abbiamo seminato. Che cosa?
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