Aleggia una certa aria di catastrofe, tra le righe della stampa italiana e le immagini dei tiggì. Ogni statistica con il segno meno – e in questo periodo di crisi economica c’è da stupirsi ad imbattersi in qualche più – viene salutato come una disgrazia, una calamità, uno sprofondare negli abissi.Italia come il Titanic che non “mai stata così dal 1992”, anzi “dagli anni Settanta”. Fino ad arrivare al Dopoguerra evocato da un quotidiano di recente. Aleggia una certa aria di catastrofe, tra le righe della stampa italiana e le immagini dei tiggì. Ogni statistica con il segno meno – e in questo periodo di crisi economica c’è da stupirsi ad imbattersi in qualche più – viene salutato come una disgrazia, una calamità, uno sprofondare negli abissi. Italia come il Titanic che non “mai stata così dal 1992”, anzi “dagli anni Settanta”. Fino ad arrivare al Dopoguerra evocato da un quotidiano di recente. Eppure, girando tra le strade delle nostre città, non si osservano palazzi sventrati e pedoni con cappotti rivoltati e rattoppati. Quindi c’è qualcosa che stona tra quello che fanno intravvedere le statistiche, e la realtà di un Paese in crisi, ma non in ginocchio.I numeri sfornati dall’Istat raccontano di una contrazione dei consumi, certo un brutto segnale e certo un fenomeno che porta con sé conseguenze negative per l’economia. Ma stiamo parlando di cali del 2-3%, non del 30. Il mercato nazionale è sicuramente in difficoltà, ma sarebbe stupefacente vederlo in crescita se i redditi sono in ghiacciaia da tempo, la disoccupazione in aumento e la tassazione a livelli giudicati insopportabili. E l’addentrarsi nei numeri fa capire che a soffrire di più la crisi sono i negozietti, il pizzicagnolo di quartiere, colui che ti dà tempo e fiducia, ma non certo i prezzi più bassi. Quelli li trovi nei super ed ipermercati, i cui numeri anzi sono in lieve crescita. Segno che la crisi spinge gli italiani a spendere con più oculatezza e cercando i prezzi più bassi. Che al mare si va, ma scegliendo l’appartamento in affitto piuttosto che la pensione in albergo; che si attendono i giorni di svendite e “offerte promozionali” per acquistare ciò che si lascia lì a prezzo pieno.Insomma, si fa di necessità virtù. Si affollano gli outlet, si acquista il biglietto aereo o del treno con largo anticipo per risparmiare, si “scala” dal ristorante alla trattoria, si fa il pieno nel fine settimana o da chi offre il prezzo più basso. Siamo diventati un popolo sensibile al cartellino dei prezzi: come il tutto il resto d’Europa, come non lo eravamo più da tempo. I ricchi austriaci vengono a fare una settimana sul mare Adriatico rigorosamente in giugno o in settembre: non perché amino il tempo incerto e l’acqua freddina, ma perché si spende la metà che in agosto. Sono fatti così, stiamo diventando così.Non vogliamo farla rosea. Ci sono settori – vedi l’auto – in crisi veramente drammatica. Lo ha detto pure Marchionne: se non hai soldi, l’ultima cosa che pensi di fare è cambiare l’auto. Eppure cambiamo telefonino come niente fosse, e il nuovo smartphone Apple ha in Italia il prezzo più caro dell’Occidente: sanno che faremo la fila per averlo. Stanno cambiando i gusti, lesiniamo sulla qualità della merendina e su un’altra camicia in armadio, ma non rinunciamo all’elettronica all’avanguardia. Il vero problema è che noi produciamo spaghetti e camicie, non tivù a 60 pollici e tablet pc.Certo che, a forza di dire “al lupo al lupo”, è chiaro che poi non ci si avventura fuori di casa. Che non si spende – non si investe – per paura di finire senza quelle riserve di grasso sui fianchi che pure sono abbondanti: la ricchezza delle famiglie italiane è superiore a quella dei tedeschi, pari a tre volte e mezza il nostro Pil annuale. E abbiamo un tenore di vita superiore a vent’anni fa: spendevamo 13mila euro a testa in un anno per campare, ora 15mila (erano 16mila fino a pochi mesi fa). Siamo ancora un popolo di risparmiatori, anche se meno di prima. Onestamente fuori fa freddo, ma non è appena passata la guerra.E giova infine ricordare che le statistiche raccontano ciò che vedono, non ciò che rimane nascosto. E il “nascosto” in Italia – nonostante Monti, i blitz della Guardia di Finanza, l’esecrazione generale, leggi-leggine-decreti ad hoc – è una montagna. Sommersa.
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