Se i soldi sono spesi davvero bene

“Non è mai stato tanto necessario investire nella cultura”: Androulla Vassiliou sa talvolta stupire. Del resto il ruolo assegnatole all’interno della Commissione europea la impegna a occuparsi di educazione, di giovani, di patrimonio artistico, di multilinguismo. Così, mentre nel vecchio continente gli occhi sono puntati sul debito sovrano, sulle decisioni della Bce di Francoforte, su quelle della Corte costituzionale tedesca (per il via libera al fondo salva-Stati), e argomenti simili, da Edimburgo la commissaria cipriota ribadisce l’urgenza di iniettare fondi nel vasto arcipelago della conoscenza. Per far crescere l’Europa, per superare la crisi, per avvicinare i popoli, per alimentare il progresso della civiltà.Il 13 e 14 agosto la città scozzese è stata sede di un grande summit internazionale che ha portato a queste latitudini ministri della cultura, donne e uomini delle istituzioni comunitarie, artisti di generi diversi, esperti e studiosi, insegnanti, rappresentanti dei mass media. È stata anche l’occasione per presentare nuovamente il programma “Europa creativa” che dovrà finanziare nei prossimi anni (quadro finanziario pluriennale) cinema, televisione, musica, editoria, arti dello spettacolo, tutela del patrimonio culturale, con una cifra attorno a 1,8 miliardi. Il via libera attende però l’accordo generale sul budget 2014-2020 fra Consiglio e Parlamento Ue. Per Vassiliou, “cultura e arti hanno il potere di trasformare la vita delle persone e di avvicinare gli Stati”. La politica comunitaria, che non sostituisce quella nazionale ma vi si affianca in tale ambito, è di “promuovere la diversità e il dialogo interculturale”, oltre che di porre il potenziale della cultura al servizio della creatività, dell’innovazione, della ricerca applicata, essenziale per far emergere praticabili risposte anti recessione. La commissaria è inoltre convinta che “l’Europa nel suo complesso” - e dunque gli Stati membri, i cittadini, la società civile, le istituzioni politiche e quelle educative - debba “conservare e favorire le diversità presenti nel continente”, quali elementi utili per salvaguardare le specificità nel quadro di una omogeneizzazione imposta dai fenomeni globali. Una promozione delle identità, dunque, che mentre passa per la cultura, aiuta l’Europa a portare il proprio originale contributo in un’epoca tanto complessa. Senza trascurare il fatto che “l’industria creativa” può creare Pil e posti di lavoro. Le riflessioni di Edimburgo si inseriscono peraltro in una realtà preoccupante, già denunciata da innumerevoli voci: la crisi del debito pubblico che attanaglia numerosi Stati porta a tagli, anche drastici, proprio nel campo della cultura, della tutela del patrimonio artistico, alle università, alle scienze. Un gruppo di quotidiani pubblicati in Europa, fra i quali il britannico “The Guardian”, il tedesco «Süddeutsche Zeitung», il francese “Le Monde”, lo spagnolo “El Paìs”, il polacco “Gazeta Wyborcza”, hanno avviato una vasta inchiesta per mappare i tagli alla cultura. “El Paìs”, ad esempio, scriveva nei giorni scorsi sul caso della Grecia: “Quando non c’è denaro per pagare le pensioni, sembra frivolo pretenderne per proteggere le pietre. Ma il patrimonio greco merita rispetto. Su quelle pietre, infatti, è stato costruito un sistema politico di respiro universale chiamato democrazia e con esso una certa idea dell’Europa”. Analoghe riflessioni riguardavano l’Italia (la nazione più protetta dall’Unesco), con citazioni ad hoc sul degrado e la necessità di interventi per il Colosseo o per gli scavi di Pompei. L’inchiesta giornalistica segnalava ancora: “La Germania, nel XIX secolo innamorata della storia e della cultura greca e latina, ora guarda alla Grecia come fosse un piede in cancrena che ormai è necessario amputare. I tagli imposti al Paese svuotano le casse delle istituzioni pubbliche e private. Il bilancio del ministero della cultura greco è diminuito del 35 per cento, e per il 2013-2014 si prevedono altri tagli. Questo significa meno risorse per proteggere e custodire il patrimonio”. Osservazione dalla quale sorge un interrogativo: come è possibile consolidare l’Europa della politica e quella dei mercati, se alle sue spalle rischia di disintegrarsi quella della cultura creata dai suoi popoli, della grande letteratura e delle antiche basiliche, del pensiero, della ricerca e dell’innovazione?

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