Questa Italia, diventata terra di tornadi

Scrivo dal luogo del “tornado”. Dal mio paese di Dolo, in territorio veneziano. Poco più di un mese fa, un vortice di acqua e di vento di centinaia di metri di diametro e un pauroso muggito producevano qualcosa di impensabile. From heaven to hell, dicono gli inglesi, in questi casi. Questa zona tra Padova e Venezia che solitamente vi fa gustare un delizioso scenario di nobili e antiche ville venete, affacciate ai sinuosi meandri della Riviera del Brenta, cambiava d’incanto aspetto. Uno charme unico per i turisti diventava un paesaggio da guerra. Un ammasso di rovine. Cinquecento case scoperchiate, alberi mozzati, un’antica villa del XVII secolo completamente sbriciolata. Scomparsa. Paradossalmente, la zona del sinistro si trasformava, poi, in una calamita per curiosi e turisti. Più di prima. Questo triste evento, tuttavia, rivelava anche degli aspetti nuovi. Belli. Tanti giovani volontari come Elisabetta si presentavano e si mettevano spontaneamente all’opera, subito dopo l’accaduto. Anche un gruppo di giovani africani, di emigranti, che vivono o sopravvivono in zona. Disponibili a dar man forte, con buona volontà. Ecco la parabola dell’Italia di domani. Solo rimboccandosi le maniche tutti – sì, tutti insieme – si può far rinascere questo Paese. Anche perchè il nostro antico gusto per un leader carismatico si rivela spesso una semplice « bolla ».

Ultimamente, a dire il vero, tutta l’Italia è diventata terra di tornadi. Tornadi invisibili. Ma micidiali. Non quelli che sbriciolano il paesaggio come nei Caraibi, ma le coscienze. Il senso di responsabilità. Il vivere-insieme. La nostra stessa umanità. « Ma vuoi che sia libertà, questa ?» mi fa qualcuno, riferendosi al linguaggio pubblico di questi anni : libero, offensivo, osceno. Lo stile della nostra società, poi, la dice lunga. Ognuno – quasi come una regola d’oro - si sente libero di fare i propri interessi. Ciò che vuole. La legge non tiene più. Neanche il senso di legalità. Un nuovo idolo si è imposto in questi anni diventando perfino un logo politico : la libertà.

« Ma la libertà è un’altra cosa… » sospira un anziano signore. Ed è quando si impara a respirare, dopo tempi di oppressione. Non la libertà di barricarsi nel proprio egoismo. Di chiudersi in un individualismo esaperato, come questi tempi ci hanno insegnato. Eppoi c’è il tornado della corruzione. Quello che sbriciola il senso del Questa Italia,diventata terradi tornadibene comune. Del patrimonio comune. Dei valori che ci hanno fatto crescere. Esso mina i rapporti, la fiducia, il vivere-insieme. Si cerca ovunque il proprio interesse. Come dei veri predatori.

La fuga dei giovani è un altro tornado invisibile, a cui non si fa conto. A migliaia ne vedevo sbarcare in questi ultimi anni a Londra, con lo stesso affanno di quelli che approdano a Lampedusa. Speranza e disperazione allo stesso tempo si leggevano nei loro occhi. « Ma dov’è il futuro di una terra che si spoglia delle sue energie più giovani ? » sembrava in loro di capire. « Siamo un Paese vecchio fatto di vecchi e non ce n’accorgiamo » mi ripeteva sconsolato, tempo fa, giustamente un vecchio signore.

La denatalità è un altro tornado che mette in ginocchio una nazione. E mi fa ricordare quando qualche anno fa in Francia apparivano dappertutto foto di bellissimi bambini con la scritta « La France a besoin d’enfants ! » concedendo mille vantaggi e perfino la pensione alle famiglie da tre bambini in su. Eppoi c’è il tornado del pessimismo dilagante. Il malumore, lo si legge sulle faccie. Proprio l’altro giorno a Varazze, graziosa cittadina turistica, un anziano signore alla mia domanda come va l’Italia, « a rotoli ! » rispondeva prontissimo. Vi senti un senso amaro di non saper dove parare. Non esistono più sogni, obiettivi o progetti comuni. Anche in tempi di crisi ognuno si barrica nel suo mondo, nelle sue ferite o nei suoi privilegi.

Da dove ripartire, allora? Dal rimboccarsi le maniche. Tutti insieme, nessuno escluso. Anche gli ultimi arrivati. Come a Dolo. È il futuro, ormai, da costruire.

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